Il 3 dicembre, alle 22 e 20, il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol (nella foto) ha annunciato l’imposizione della legge marziale “per eliminare le forze antistato filonordcoreane e comuniste” che stavano “cercando di sovvertire la democrazia in Corea del Sud”. L’annuncio ha lasciato incredulo il paese, che ha alle spalle una storia dolorosa e cruenta di colpi di stato militari e governi autoritari e che è diventata formalmente una democrazia solo nel 1987. Poco dopo il leader del partito di governo, il Partito del potere del popolo (Ppp), ha criticato pubblicamente la mossa. Immediatamente, come prevede la legge marziale, è stata vietata qualunque forma di assemblea, incluso il parlamento, dove l’esercito ha sbarrato l’ingresso. Migliaia di persone si sono riversate nelle strade e fuori dal parlamento chiedendo le dimissioni di Yoon. Un paio d’ore più tardi 190 parlamentari sono riusciti a riunirsi e a votare la revoca della legge marziale, come previsto dalla costituzione. I motivi che hanno spinto il presidente a questa scelta avventata e impopolare vanno forse ricercati nella perdita di consenso (sotto il 20 per cento), dovuta anche a vari scandali che hanno coinvolto la moglie, e nel fatto che l’opposizione gli stava mettendo i bastoni tra le ruote, visto che da aprile ha la maggioranza in parlamento. Il Partito democratico ha bloccato la legge di bilancio per il 2025 e presentato richiesta di impeachment per diversi esponenti del governo. Il ministro della difesa Kim Yong-hyun si è dimesso il 4 dicembre, scusandosi per aver suggerito a Yoon di dichiarare la legge marziale. Il 6 o 7 dicembre il parlamento voterà una mozione d’impeachment contro Yoon presentata dall’opposizione. Se almeno otto deputati del Ppp saranno a favore, la mozione passerà. A quel punto dovrà pronunciarsi la corte costituzionale, ma per motivi tecnici l’iter potrebbe richiedere molto tempo. ◆
Guerra sui chip
Il 2 dicembre gli Stati Uniti hanno adottato un nuovo pacchetto di sanzioni che priveranno la Cina dell’accesso alla tecnologia necessaria per produrre i semiconduttori per l’intelligenza artificiale. È la quarta serie di sanzioni contro Pechino voluta dal presidente Joe Biden, e prevede l’inserimento di altre 140 aziende cinesi nella lista nera di quelle escluse dai mercati statunitensi. È uno dei colpi più duri dati al settore tecnologico cinese, bersaglio ormai da sei anni di Washington. Le sanzioni si applicano anche alle aziende dei paesi alleati degli Stati Uniti che dovessero commerciare con la Cina, come il gigante taiwanese Tsmc. Il 4 dicembre Pechino ha risposto vietando le esportazioni negli Stati Uniti di alcuni componenti chiave per la produzione di semiconduttori, come gallio, antimonio e germanio, scrive Nikkei Asia.
Pena capitale per frode
Truong My Lan, magnate del settore immobiliare vietnamita, è stata condannata alla pena di morte per una frode da un miliardo di dollari e il 4 dicembre il suo appello è stato respinto, scrive Viet Nam News. Potrebbe salvarsi restituendo gran parte del maltolto.
Accordo fallito sulla plastica
I negoziati della commissione negoziale intergovernativa sull’inquinamento da plastica, che si sono svolti a Busan, in Corea del Sud, fino alle prime ore del 2 dicembre, si sono conclusi senza un accordo, rimandato al 2025. Al centro della discussione, l’ipotesi di regolare la produzione di plastica, in particolare dei polimeri – materiali grezzi derivati da combustibili fossili – e la dismissione della plastica e delle sostanze chimiche nocive, scrive il Korea Times. La Cina, il più grande produttore di plastica al mondo, ha adottato una posizione più lungimirante del previsto. Ma i paesi produttori di petrolio, come l’Arabia Saudita e la Russia, si sono opposti fermamente a qualsiasi regolamentazione della produzione.
**Giappone **Il governo metropolitano di Tokyo ha annunciato che introdurrà per i dipendenti e le dipendenti la settimana lavorativa di quattro giorni a cominciare dall’aprile 2025. La capitale si aggiunge ad altre amministrazioni locali che hanno già adottato questa misura per migliorare le condizioni di lavoro. La novità, ha detto la governatrice Yuriko Koike, è diretta in particolare alle lavoratrici, costrette a sacrificare la carriera nel caso abbiano figli.
Articolo precedente
Articolo successivo
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati