E sattamente ventinove anni fa, nel 1992, stavo andando in taxi verso un bar del centro di Lima quando la radio trasmise la notizia che la polizia peruviana aveva catturato Abimael Guzmán, il leader del gruppo guerrigliero Sendero luminoso. Non dimenticherò mai quel momento. Il tassista e io eravamo così felici che ci abbracciammo e ridemmo come due vecchi amici. Mi fece anche uno sconto. Ci univa, come un legame familiare, la speranza di un Perù senza autobombe, senza blackout causati dall’esplosione di qualche torre dell’elettricità, senza accoltellamenti, senza cadaveri fatti saltare in aria con la dinamite, senza cani appesi ai pali della luce.

Sotto la direzione di Guzmán, i tratti distintivi di Sendero luminoso davano i brividi. I suoi attentati non miravano solo a distruggere alcuni obiettivi, ma anche a seminare il panico tra chi restava in vita. Più di trentamila persone furono uccise con questi metodi. Ogni volta che potevano i terroristi lasciavano sui corpi dei cartelli che specificavano le ragioni dell’uccisione. In modo che a nessuno venisse in mente di seguire il loro esempio. Per quanto sembri incredibile, Guzmán non avrebbe saputo eseguire fisicamente nessuna di quelle azioni. Non partecipava agli scontri militari. Nella casa in cui lo catturarono non c’erano neanche delle armi. Il suo lavoro era puramente intellettuale.

Insensibile alle sofferenze

Cominciava la giornata leggendo i giornali e guardando i telegiornali. Sulla base delle informazioni raccolte, calcolava dove avrebbe potuto trovare dei focolai di malcontento popolare. Chiedeva ai suoi seguaci di andare sul campo e stilare dei rapporti che poi studiava con la sua squadra, come in un ufficio dell’orrore. Dopo pianificava una campagna per conquistare gli scontenti e assumere il controllo delle comunità, dei sindacati o delle federazioni di studenti. In genere per riuscirci era necessario eliminare i leader, i sindaci o qualsiasi altro tipo di autorità.

Grazie a questo sistema, un adattamento della strategia di Mao Zedong in Cina, Guzmán arrivò a controllare un terzo del territorio nazionale. Non faceva discorsi e non andava in tv. Di fatto per anni si pensò che fosse morto. Ma Guzmán era l’unico potere, il vero governo di buona parte delle montagne peruviane.

Non era un pistolero, ma non era ­neanche povero. O non esattamente. Guzmán era il figlio di un abuso di classe. Suo padre era un ricco proprietario di Arequipa, nel sud del paese. Sua madre era una donna povera, forse una contadina o una venditrice ambulante, che non poteva occuparsi del bambino e lo abbandonò.

Per sua fortuna (ma non per la nostra), Guzmán fu accolto a casa del padre insieme a molti altri figli illegittimi. In quanto appartenente a una famiglia ricca frequentò una scuola religiosa e prese due lauree. Ma non aveva il diritto di ereditare nulla, quindi non si sentiva davvero parte della classe sociale in cui si muoveva. Il risultato di questa combinazione fu letale: la rabbia dei poveri unita alla formazione accademica dei ricchi.

In maniera naturale, la sua strategia fu estendere questo binomio a tutto ciò che aveva intorno. Negli anni sessanta diventò il responsabile del personale del dipartimento di educazione dell’università San Cristóbal de Huamanga, ad Ayacucho, nel centrosud del paese. In quella veste inviò professori maoisti nelle scuole di tutta la Sierra meridionale. Quando cominciò la lotta armata, nel 1980, Guzmán aveva formato un’intera generazione di giovani.

I discepoli di Guzmán erano pronti a uccidere. Ma il loro capo si rifiutava di comprare delle armi per non dipendere da altre guerriglie o stati. Così a volte uccidevano a mani nude, a sassate o con qualche coltello, spingendosi oltre la soglia della brutalità. Quei ragazzi erano certi di trionfare, quindi non avevano paura di morire. Guzmán gli aveva parlato della “quota di sangue” da pagare per cambiare la storia. Secondo lui, la morte li avrebbe semplicemente resi degli eroi.

Da sapere
La quarta spada

Abimael Guzmán è morto l’11 settembre 2021 in un carcere di massima sicurezza nella base navale di Callao, in Perù, per una malattia. Aveva 86 anni e stava scontando una condanna all’ergastolo. Nel 1970 era stato il leader e fondatore del gruppo terroristico Sendero luminoso, di ispirazione maoista. Secondo il Registro unico delle vittime del ministero della giustizia peruviano, tra i 1980 e il 2000 le azioni di Sendero luminoso, del Movimiento revolucionario Túpac Amaru e la risposta dello stato per fermare le guerriglie provocarono più di 33mila morti in Perù. Guzmán si faceva chiamare presidente Gonzalo e si definiva la “quarta spada del comunismo”, dopo Karl Marx, Lenin e Mao Zedong. Era stato arrestato a Lima il 12 settembre 1992 (poco dopo l’elezione a presidente di Alberto Fujimori) e condannato all’ergastolo da un tribunale militare per terrorismo. Più tardi fu sottoposto a un altro processo e nel 2006 un tribunale civile aveva confermato la massima pena prevista dal codice penale. Bbc, Ojo Público


Il modello di organizzazione di Sendero luminoso amplificava questo aspetto. Se un attentato falliva non poteva essere colpa della polizia, della logistica o della sfortuna. Gli uomini del comando organizzavano un’assemblea e davano la colpa al compagno responsabile di aver lasciato che la sua paura, la sua incapacità o il suo individualismo mandassero a monte il piano.

Da un punto di vista strategico, considerando che l’obiettivo era far esplodere lo stato in mille pezzi, Guzmán dimostrò una grande abilità. Superò i fallimenti della guerriglia cubana, che non aveva mai avuto successo nella regione andina, si rese indipendente da qualsiasi ingerenza esterna e mise in scacco il Perù come nessun’altra guerriglia del continente era mai riuscita a fare, a parte la cubana e la nicaraguense. Ma quella stessa freddezza lo rese anche insensibile alle intollerabili sofferenze che provocava non tanto nella potente élite della capitale, quanto tra gli stessi contadini che diceva di voler difendere.

Nessuna alternativa

La sconfitta di Sendero luminoso non fu solo il risultato della caduta del suo leader, ma anche dell’abbandono delle sue basi rurali, contadini e abitanti nativi stanchi della violenza estrema e del fanatismo del gruppo terroristico.

D’altra parte il maggior muro di contenimento contro Guzmán non furono la polizia né l’esercito, ma i servizi pubblici. In realtà Sendero luminoso riuscì ad attecchire solo dove lo stato era assente. Il punto è che lo spazio lasciato vuoto dallo stato era molto grande. Ho già detto che Guzmán portò i professori dove prima non c’erano. Erano professori fanatici, ma non c’era nulla con cui la gente potesse fare un paragone. Guzmán portò i processi dove non c’erano giudici, per giudicare stupratori e ladri. E offrì una milizia alla popolazione. Nei luoghi in cui le forze armate confusero i contadini con i comunisti operando una repressione indiscriminata, la milizia fu involontariamente legittimata.

Per gli abitanti della costa o della Sierra Norte, per i peruviani di quarant’anni dopo, per me stesso, l’ordine di Sendero luminoso sarebbe stato un incubo infernale, un miscuglio di autoritarismo, moralismo e crudeltà pura. Ma per molti peruviani delle zone rurali negli anni ottanta era l’unico ordine esistente. L’alternativa era la legge del più forte.

Un paio di anni fa sono stato invitato in una scuola pubblica di Ayacucho, a pochi isolati dal luogo in cui Abimael Guzmán aveva cominciato a formare e radunare le sue truppe. I bambini mi hanno salutato in spagnolo, in quechua e con qualche parola di inglese. Mi hanno anche cantato canzoni e mostrato disegni sulla storia del nostro paese. Gli alunni che avevano più di undici anni mi hanno fatto delle domande sui miei libri e su altri autori peruviani che parlavano della loro storia. Alcuni mi hanno nominato testi che io stesso non conoscevo.

Quella giornata per me è stata altrettanto emozionante di quella del 1992, quando in taxi seppi che Guzmán era stato catturato. Perché se una scuola come quella fosse esistita prima, Sendero luminoso non si sarebbe mai potuto affermare in Perù. Sarebbe morto per mancanza di ossigeno.

Guzmán fu abile nello sfruttare tutti gli spazi che lo stato peruviano lasciava vuoti, in particolare quello nelle menti dei più giovani. Se vogliamo sconfiggere personaggi come lui, è lì che bisogna dare battaglia. ◆ fr

Santiago Roncagliolo _ è uno scrittore e giornalista peruviano nato a Lima nel 1975. In Italia ha pubblicato Crescere è un mestiere triste _ (Keller 2011) e _La notte degli spilli _ (Keller 2020). È autore di _La cuarta espada _(Debate 2018), un libro su Sendero luminoso e il suo leader Abimael Guzmán.

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Questo articolo è uscito sul numero 1427 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati