Si è diffusa la convinzione che a mettere in pericolo il settore automobilistico in Italia sia la rapida transizione all’elettrico, spinta dalle regole europee e dagli impegni climatici internazionali.
A leggere i numeri dell’Osservatorio Tea diretto da Francesco Zirpoli (dell’università Cà Foscari di Venezia) non è così: il problema dell’auto in Italia è la mancanza di innovazione. Su 2.100 imprese sondate, il 48,1 per cento non ha in programma investimenti significativi nel triennio 2024-2027. Solo il 31 per cento investirà sulla mobilità elettrica (e sono le uniche aziende che si dicono ottimiste sui propri conti), e appena il 3,8 per cento degli investimenti previsti sarà in software.
Mentre i cinesi guidano la motorizzazione elettrica di massa e gli statunitensi l’evoluzione delle aziende automobilistiche dal passato manifatturiero (progettazione, meccanica, assemblaggio) al futuro digitale (guida autonoma, centralità della parte software), la filiera italiana fa finta di essere ancora negli anni ottanta.
E spera che la politica, in qualche modo, consenta di prolungare ancora per qualche tempo questa illusione. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati