Nonostante la maggioranza relativa ottenuta dal Nuovo fronte popolare (Nfp), il paesaggio politico francese resta segnato dalle divisioni e dall’incertezza. Diciamolo chiaramente: il successo registrato dalla sinistra in termini di voti e di seggi in realtà è limitato e riflette un lavoro insufficiente sia sul programma sia sulle strutture. Solo affrontando con decisione queste carenze i partiti di sinistra riusciranno a superare il periodo di turbolenze e di governi di minoranza che è alle porte e a ottenere una maggioranza assoluta che permetta di governare il paese.
Il programma adottato dall’Nfp qualche giorno dopo lo scioglimento dell’assemblea nazionale ha avuto l’enorme merito, rispetto a quello degli altri partiti, d’indicare dove trovare le risorse per investire nel futuro, cioè nella sanità, nell’istruzione, nella ricerca, nelle infrastrutture e così via. Questi investimenti indispensabili cresceranno in modo significativo e ci sono solo due modi per sostenerli. O accettiamo di entrare in un ciclo di maggiore condivisione della ricchezza, trainato da aumenti delle tasse ai più ricchi, come propone l’Nfp, oppure lo rifiutiamo ideologicamente e ci mettiamo nelle mani dei finanziamenti privati, poco efficaci e sinonimo di disuguaglianze. Alimentate da costi privati esorbitanti, le spese sanitarie negli Stati Uniti si avvicinano al 20 per cento del pil, con indicatori disastrosi.
Bisogna creare una federazione democratica della sinistra in grado di organizzare il dibattito e di risolvere i contrasti. Siamo ancora lontani da questo obiettivo
Tuttavia le cifre evocate dall’Nfp potrebbero spaventare qualcuno: circa cento miliardi di euro di prelievi e nuove spese da qui a tre anni, pari al 4 per cento del pil. Nel lungo periodo queste cifre non hanno nulla di eccessivo: in Europa occidentale e del nord il gettito fiscale è passato da meno del 10 per cento del reddito nazionale (la somma di tutti i redditi prodotti in un anno in un paese) prima del 1914 al 40-50 per cento a partire dagli anni ottanta e novanta. Ed è stata questa espansione dei servizi fondamentali (istruzione, sanità, previdenza) a permettere una crescita senza precedenti della produttività e del tenore di vita, a dispetto di quello che hanno sostenuto i conservatori di tutte le epoche.
Resta il fatto che ci sono forti incertezze sulle priorità di un governo di sinistra che va al potere. Anche se in Francia la domanda di giustizia sociale è forte, la mobilitazione di nuove risorse resta sempre un processo fragile a cui i cittadini possono togliere in qualsiasi momento il loro sostegno. Concretamente, fino a quando i miliardari e le multinazionali non saranno costretti a pagare la giusta quota di tasse, è impensabile chiedere uno sforzo ulteriore a chiunque altro. Il programma dell’Nfp, però, resta troppo vago su questo punto cruciale. È un problema, perché negli ultimi decenni i governi di sinistra, in mancanza di un programma sufficientemente preciso, hanno sempre ceduto alle lobby una volta arrivati al potere. Per non ripetere questi errori bisogna coinvolgere la società civile e i sindacati.
Le pensioni presentano difficoltà simili. Non ha senso adottare come slogan la “pensione per tutti a 62 anni” (o addirittura a sessanta) quando sappiamo che nel sistema francese bisogna raggiungere una certa anzianità contributiva. Dire “42 annualità per tutti” permetterebbe di essere capiti meglio dal paese e di chiarire che le persone con un’istruzione superiore non andranno in pensione prima dei 65 o dei 67 anni, pur continuando a sottolineare l’inaccettabile ingiustizia dei 64 anni della riforma Macron, che costringe per esempio chi ha cominciato a lavorare a vent’anni a versare 44 anni di contributi.
Ricordiamo anche la proposta di assegnare un terzo dei posti nei consigli d’amministrazione delle aziende ai rappresentanti dei dipendenti. Si tratterebbe della riforma più profonda e più autenticamente socialdemocratica dell’Nfp, ma andrebbe inserita in un quadro più ampio. Per permettere una ridistribuzione del potere economico, per esempio, bisognerebbe arrivare al 50 per cento dei posti nelle grandi imprese. La sinistra deve smettere di crogiolarsi in una radicalità di facciata, e cominciare invece a progettare il sistema economico alternativo a cui aspira.
Solo il lavoro collettivo permetterà di fare dei progressi su questioni del genere. Per questo bisogna creare una federazione democratica della sinistra in grado di organizzare il dibattito e di risolvere i contrasti. Siamo ancora lontani da questo obiettivo. Negli ultimi decenni La France insoumise di Jean-Luc Mélenchon ha continuamente cercato d’imporre la sua egemonia autoritaria sulla sinistra, come fece in altri tempi il Partito socialista, ma in modo ancora più marcato.
L’elettorato di sinistra, però, non è stupido: sa bene che l’esercizio del potere impone prima di tutto umiltà, dibattito e collaborazione. È il momento di rispondere a questa aspirazione. ◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati