Uno striscione del presidente Emmerson Mnangagwa, 80 anni, è attaccato su un edificio fatiscente vicino ad Harare, la capitale: lo slogan chiede che gli venga conferito un nuovo mandato. Un po’ più in basso, lungo una strada non asfaltata, degli ambulanti vendono del carbone da usare per riscaldarsi, ammassato in barattoli di vernice vuoti che si acquistano per un dollaro l’uno.
Sprofondati in una crisi economica infinita, i cittadini dello Zimbabwe voteranno il 23 agosto in un clima politico teso per eleggere il nuovo presidente e rinnovare il parlamento e le assemblee locali. Mentre le città sono più favorevoli all’opposizione, la maggior parte della campagna è controllata dal partito Zanu-Pf, al potere dall’indipendenza. Mbare, la più antica township vicina alla capitale, è un campo conteso.
“Le strade non sono buone, le scuole non sono buone, la nostra economia non è buona: stiamo aspettando che tutto questo cambi”, dice Tendai Kativhu, un falegname che è venuto al mercato con i suoi due figli.
Pochi lo dicono apertamente, ma il cambiamento che molti qui aspettano si chiama Nelson Chamisa, il leader dell’opposizione, il cui ritratto appare su piccoli manifesti gialli appesi ovunque.
Ma al termine di una campagna elettorale segnata da riunioni vietate e arresti di esponenti dell’opposizione, in un paese già afflitto da una lunga storia di elezioni inficiate da irregolarità, pochi credono che l’avvocato e pastore di 45 anni ne uscirà vincitore.
Opposizione invisibile
Human rights watch ha previsto un “processo elettorale gravemente difettoso”, incompatibile con un voto libero ed equo.
La Coalizione dei cittadini per il cambiamento (Ccc) di Chamisa, la “tripla C”, come viene chiamata comunemente, lamenta di essere stata maltrattata dalle autorità: intimidazioni, eventi ostacolati e un’inesistente visibilità sulla televisione pubblica. E sono state riscontrate gravi irregolarità nelle liste elettorali, facendo temere che le elezioni siano scontate.
Tuttavia l’opposizione spera di capitalizzare un livello di malcontento così forte da portare a un’alta affluenza alle urne, o addirittura alla vittoria. “La gente sta passando un momento difficile, forse dopo le elezioni le cose andranno meglio”, si augura Tawanda Gwanzura, un cuoco di 28 anni.
Chamisa, oratore di talento, ha già perso per poco contro Mnangagwa nel 2018, una sconfitta che ha contestato. L’esercito ha sparato sui manifestanti che protestavano due giorni dopo il voto, uccidendo sei persone.
All’epoca di queste prime elezioni dopo il lungo regno autoritario di Robert Mugabe, c’erano grandi speranze di libertà, che però sono presto svanite. Da allora la situazione è peggiorata, con l’adozione da parte del parlamento di leggi che, secondo i gruppi per la libertà di espressione, imbavagliano la società civile e limitano qualsiasi critica al governo.
L’economia non è riuscita a decollare, nonostante Mnangagwa abbia dichiarato che lo Zimbabwe era “aperto agli affari” dopo che anni di cattiva gestione avevano tenuto lontani gli investitori.
L’economia e la disoccupazione sono le principali preoccupazioni degli elettori, rileva un recente sondaggio, secondo cui, inoltre, la stragrande maggioranza della popolazione disapprova l’operato del governo.
L’inflazione, in questo paese agricolo di oltre 15 milioni di persone, ricco di minerali, si è attestata al 101 per cento a luglio, secondo i dati ufficiali, ma alcuni economisti stimano che la cifra reale sia molto più alta.
Per il politologo zimbabweano Brian Kagoro, se la campagna elettorale non fosse stata così avversa nei confronti dell’opposizione queste sarebbero state “le elezioni più vincibili” degli ultimi 15 anni.
Posti di lavoro e violenza
Chamisa ha promesso di costruire un nuovo Zimbabwe “per tutti”: affrontare la corruzione e rilanciare l’economia, senza però specificare come, hanno sottolineato i suoi detrattori.
Per ripristinare la sua immagine, nelle ultime settimane il presidente uscente ha tagliato una moltitudine di nastri, consegnando nuove autopompe e inaugurando miniere di carbone, centrali elettriche e ospedali.
“L’economia è costruita dal popolo”, recitano i manifesti dello Zanu-Pf ad Harare. Per i suoi sostenitori, le nuove infrastrutture sono la prova che il presidente sta mantenendo le sue promesse.
“Abbiamo bisogno di posti di lavoro e con il presidente Mnangagwa ne avremo”, dice Faustina Nyamhandu, 22 anni, disoccupata.
Il presidente viene eletto a maggioranza assoluta. Se nessun candidato ottiene il 50 per cento più uno dei voti, si terrà un secondo turno.
Mnangagwa potrebbe essere contestato all’interno del suo stesso partito se dovesse ottenere un risultato deludente, difficile da presentare come una “vittoria convincente”, ritiene Nic Cheeseman, esperto di democrazia dell’università di Birmingham.
“La grande domanda è se l’opposizione correrà il rischio di protestare”, afferma. E “per il governo, fino a che punto si spingerà per reprimere questa resistenza”.
In un comizio che si è tenuto il 19 agosto nel centro del paese, Mnangagwa ha promesso elezioni regolari e senza violenza. “Lo Zanu-Pf è inarrestabile. La vittoria è certa”, ha dichiarato.
(Traduzione di Stefania Mascetti)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it