Joe Biden non si candiderà alle elezioni di novembre. Il presidente democratico, che ha 81 anni, ha ceduto alle pressioni del suo partito, preoccupato per la possibile sconfitta contro Donald Trump.

Comincia ora una fase di grande incertezza per una campagna presidenziale statunitense che è già passata alla storia.

Ecco alcune cose da aspettarsi nei prossimi giorni e settimane.

Anche in caso di consenso sul nome del candidato o della candidata che gli succederà, il processo di sostituzione formale di Joe Biden non sarà semplice.

Il presidente è stato designato come candidato democratico alla presidenza in una serie di primarie che si sono svolte tra gennaio e giugno. In teoria, avrebbe dovuto essere eletto alla convention del partito a Chicago a metà agosto.

Ma con il suo ritiro, i delegati del partito – 3.900 persone di vario orientamento – sono ora liberi di scegliere il loro candidato.

In una nota scritta prima del ritiro di Joe Biden, la ricercatrice Elaine Kamarck della Brookings institution ha immaginato che una simile eventualità avrebbe dato vita a “una sorta di convention in cui tutte le opzioni sono possibili”, con ogni schieramento che cerca di spingere il proprio candidato.

Uno scenario simile si verificò per i democratici nel 1968, quando il presidente Lyndon B. Johnson annunciò che non si sarebbe candidato per un secondo mandato, durante la guerra del Vietnam.

Subito dopo aver annunciato il ritiro, Joe Biden ha detto che avrebbe appoggiato la sua vicepresidente Kamala Harris. Tuttavia non esiste una regola che preveda che il candidato o la candidata alla vicepresidenza sostituisca automaticamente il candidato in carica.

Kamala Harris, la prima donna e la prima afroamericana a occupare la carica di vicepresidente, potrebbe anche affrontare la concorrenza di altri esponenti del partito. Come il governatore della California, Gavin Newsom, molto popolare tra i democratici.

E si fanno anche i nomi della governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer, e del governatore della Pennsylvania, Josh Shapiro.

Una volta scelto il candidato o la candidata, resterà un grosso problema: condurre una campagna elettorale in tre mesi per farsi conoscere dagli oltre 250 milioni di statunitensi che hanno diritto di voto e, soprattutto, riuscire a convincerli.

Kamala Harris ha un certo vantaggio in questo senso, perché è già stata vicepresidente di Joe Biden per quasi quattro anni.

L’ex senatrice californiana, che ha l’appoggio di diversi parlamentari, sta inoltre attraversando da mesi gli stati chiave proprio per fare campagna elettorale, in particolare sulla questione dei diritti all’aborto, un tema centrale nelle elezioni presidenziali di quest’anno.

Un’altra preoccupazione è che i fondi già raccolti dalla campagna di Joe Biden non saranno, per ragioni legali, facilmente trasferibili ad altri candidati.

Tuttavia, poiché il nome di Kamala Harris è già presente nei documenti ufficiali della campagna di Joe Biden, alcuni esperti sostengono che il controllo dei milioni di dollari già raccolti potrebbe essere più facilmente trasferito a lei. Anche se c’è in ogni caso il rischio di azioni legali per impedirlo.

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