Le elezioni negli Stati Uniti sono entrate nella loro fase finale. Kamala Harris ha concluso la sua campagna elettorale a Filadelfia, in Pennsylvania, dove anche Donald Trump ha tenuto un comizio nella città di Reading per poi volare a Grand Rapids, in Michigan, lo stesso luogo in cui aveva chiuso la corsa alle presidenziali nel 2016 e nel 2020.

Pennsylvania e Michigan sono due dei tre stati che compongono il cosiddetto blue wall insieme al Wisconsin, e che tradizionalmente hanno sempre votato democratico (da qui blue). Dal 2016, però, quando Donald Trump ha vinto in tutti e tre i territori, sono entrati nel gruppo degli swing states, cioè gli stati contesi, di cui quest’anno fanno parte anche Arizona, Georgia, Nevada e North Carolina.

Gli swing states delle elezioni statunitensi 2024.

Sebbene si voti in tutti gli Stati Uniti, in questi sette stati si sono concentrati maggiormente gli impegni e le risorse dei due candidati. Il loro voto, infatti, deciderà con ogni probabilità l’esito delle elezioni.

Arizona (11 grandi elettori):

Nel 2020 Joe Biden ha conquistato lo stato del Grand Canyon con una vittoria di misura, ma storica, grazie a uno scarto di circa diecimila voti. Con un confine di circa seicento chilometri con il Messico, l’Arizona è diventato uno degli stati chiave nel dibattito sull’immigrazione. In quest’ottica, Trump spera di riuscire a riconquistare l’elettorato, dopo aver fatto leva sulle frustrazioni generate dalle politiche di Biden e Harris.
L’Arizona si divide anche sul tema dell’aborto, oggetto di un dibattito durissimo dall’aprile del 2024, quando era stata ritenuta applicabile dalla corte suprema una legge del 1864 che vietava l’interruzione di gravidanza. Nel maggio del 2024 la norma è stata abrogata dalla camera alta dello stato, soprattutto grazie al voto dei democratici.

Georgia (16 grandi elettori):

La Georgia è uno degli stati su cui si è più discusso nelle scorse elezioni, a causa dei presunti tentativi di Donald Trump di ostacolare la certificazione della vittoria di Joe Biden nel 2020 (è uno dei quattro procedimenti penali nei confronti dell’ex presidente, che dovrà risponderne in tribunale dopo il voto).
Le elezioni del 2020 sono state le prime in cui ha vinto un candidato democratico dal 1992. Secondo numerosi analisti, molto è dipeso dalla componente demografica, con un terzo della popolazione afroamericana, su cui Kamala Harris punta molto per superare il suo avversario in questa elezione.

Michigan (15 grandi elettori):

Dopo la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton nel 2016, il Michigan è passato da roccaforte democratica a swing state. Nel 2020, lo stato è ritornato ai democratici, con circa 150mila voti di scarto grazie al sostegno della comunità afroamericana e dei lavoratori sindacalizzati. Quest’anno però, il consenso di Biden si è ridotto, anche a causa della gestione del conflitto in corso a Gaza e in Medio Oriente. Lo stato, infatti, ha la più alta percentuale di americani di origine araba del paese, circa 300mila, che Harris rischia di perdere a causa del supporto incondizionato a Israele.

Nevada (6 grandi elettori):

Nel silver state l’esito delle elezioni ruota intorno al tema del lavoro. Il Nevada è infatti uno degli stati più colpiti dall’inflazione e ha il terzo tasso di disoccupazione più alto del paese, dopo la California e il District of Columbia. Anche se dal 2004 rappresenta una roccaforte democratica, entrambi i candidati risultano in corsa per la vittoria, che sarà determinata soprattutto dagli elettori latini (una quota importante sui circa tre milioni di abitanti), comunità in cui Trump sembra aver guadagnato consensi.

North Carolina (16 grandi elettori):

Con quasi 11 milioni di abitanti, il North Carolina è uno degli stati più ambiti da Kamala Harris, che vuole porre fine al dominio repubblicano degli ultimi quarant’anni (Carter e Obama sono gli unici democratici dal 1968 che l’hanno conquistato, nel 1976 e nel 2008). A determinare l’incognita dei risultati è la devastazione portata dall’uragano Helene, che nello stato ha causato la morte di oltre duecento persone, ma anche la controversa candidatura del repubblicano Mark Robinson, che potrebbe muovere parecchi voti a favore di Harris.

Pennsylvania (19 grandi elettori):

I comizi elettorali a Filadelfia (Harris) e Reading (Trump) del 4 novembre e il dibattito presidenziale del 10 settembre dimostrano l’importanza della Pennsylvania: il keystone state è considerato il vero ago della bilancia, il simbolo della battaglia tra democratici e repubblicani. Non a caso i due candidati e i loro vice hanno fatto più di cinquanta apparizioni nello stato da metà luglio.

Per Harris vincere qui è fondamentale, ma l’aumento dell’inflazione sotto l’amministrazione Biden non gioca a suo favore, in un territorio in cui il settore manifatturiero è così importante. Per Trump la Pennsylvania rappresenta una svolta nella sua campagna elettorale, dopo il tentativo di attentato al comizio di Butler, ma dovrà comunque sperare di conquistare parte dell’elettorato insoddisfatto dalla gestione Biden.

Wisconsin (10 grandi elettori):

In Wisconsin le ultime due elezioni presidenziali si sono decise con uno scarto di appena ventimila voti. La vittoria di Biden nel 2020 non si è trasformata in una certezza per i democratici. Prima delle sue dimissioni, il presidente era indietro nei sondaggi rispetto a Trump. Dalla candidatura di Harris la sfida si è nuovamente equilibrata, con un importante fattore da considerare: secondo gli esperti negli stati più piccoli (come il Wisconsin) i candidati terzi potrebbero influenzare il risultato finale.

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