Nella prima amministrazione di Donald Trump c’erano tre tipi di persone. C’erano i classici repubblicani, politici con un’esperienza alle spalle che avrebbero trovato posto in qualsiasi amministrazione conservatrice. Queste persone erano solitamente quelle che cercavano di ridurre il caos dando un metodo e una coerenza all’azione presidenziale, e scoraggiavano Trump dal prendere decisioni pericolose o controproducenti. Nel gruppo c’era per esempio Gary Cohn, consigliere del presidente per l’economia, che secondo il giornalista Bob Woodward una volta rimosse dalla scrivania dello studio ovale una lettera che, se fosse stata firmata da Trump, avrebbe messo fine all’accordo di libero scambio tra Stati Uniti e Corea del Sud.

Il secondo gruppo di persone era formato da alti funzionari che avevano idee precise sulla direzione da dare all’amministrazione Trump, soprattutto sulla politica estera e di sicurezza nazionale. Tra loro c’erano per esempio i generali come H. R. McMaster, consigliere per la sicurezza nazionale tra il 2017 e il 2018. Nella maggior parte dei casi questi funzionari lasciavano l’incarico dopo aver realizzato che non sarebbero mai riusciti a gestire gli istinti e le contraddizioni di Trump.

Nel terzo gruppo c’erano i fanatici del Make America great again, persone scelte solo per la loro fedeltà al presidente e quindi disposte ad assecondare ogni suo capriccio, senza preoccuparsi per le conseguenze. Questo gruppo, più ristretto rispetto agli altri, lasciò la Casa Bianca, all’inizio del 2021, convinto che i politici e i funzionari degli altri due gruppi avessero annacquato il messaggio di Trump e sabotato la sua amministrazione. Se ne convinse lo stesso Trump, che cominciò a preparare la sua resurrezione politica partendo dal presupposto che una volta tornato alla Casa Bianca si sarebbe circondato di persone fedeli.

Le nomine di questi giorni nei ministeri e nelle agenzie governative fanno pensare che la lealtà sia un requisito basilare e necessario per trovare un posto nella prossima amministrazione, e che Trump la sfrutterà in tutti i rami del governo per realizzare i suoi piani più ambiziosi e controversi. Il presidente vuole evitare di assumere qualcuno che possa pubblicamente rivoltarsi contro di lui, come fecero il suo ex consigliere per la sicurezza nazionale, il capo dello staff e il segretario alla difesa.

La lealtà non è solo verso Trump ma anche per il suo estremismo ideologico e la sua visione radicale della gestione del potere, quindi implica la disponibilità a calpestare le norme e le prassi che ostacolano la sua realizzazione. Mancano ancora molte nomine ministeriali e bisognerà capire se saranno tutte confermate dal senato, ma possiamo già dare per certo che stavolta il gruppo dei veri credenti surclasserà quelli dei conservatori vecchio stampo e dei funzionari pragmatici. Vediamo alcune delle nomine che stanno facendo più discutere.

Pete Hegseth, segretario della difesa, cioè capo del Pentagono. Ha prestato servizio nella guardia nazionale dell’esercito dal 2002 al 2021, partecipando a missioni in Iraq nel 2005 e in Afghanistan nel 2011. Non ha mai avuto incarichi di alto livello nell’esercito e non ha nessuna esperienza o competenza sulla sicurezza nazionale. Trump lo ha scelto per la bella presenza e per la tenacia con cui ha sostenuto tutti gli argomenti trumpiani come conduttore dell’emittente di destra Fox News. In televisione inveisce regolarmente contro i “generali woke”, ha chiesto provvedimenti di clemenza per i soldati statunitensi condannati per crimini di guerra e ha consigliato a Trump di licenziare Charles Q. Brown Jr., capo degli stati maggiori congiunti, per dimostrare che non sosterrà più gli sforzi di diversità e inclusione nelle forze armate (Brown è nero). Dovrebbe gestire il Pentagono in un periodo segnato da crisi globali: la guerra della Russia in Ucraina, gli attacchi in corso in Medio Oriente da parte delle milizie alleate dell’Iran, le tensioni tra Israele, Hamas e Hezbollah. La sua strada verso la conferma del senato sembra però in salita: giorni fa si è saputo di un’indagine nei suoi confronti per un’aggressione sessuale che sarebbe avvenuta nel 2017, e ora anche i collaboratori di Trump cominciano ad avere dei dubbi sulla sua nomina.

Tulsi Gabbard, direttrice dell’intelligence nazionale. Gabbard è stata per molti anni nel Partito democratico, poi si è convertita al trumpismo. È nota soprattutto per aver incontrato due volte segretamente il dittatore siriano Bashar al Assad, nel 2017, e per aver amplificato pubblicamente i discorsi del Cremlino che incolpavano gli Stati Uniti per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. È arrivata a pubblicare sui suoi profili social un video in cui sosteneva le notizie false sulla presenza di laboratori per la produzione di armi biologiche in Ucraina. Come ha scritto Susan Glasser sul New Yorker, in qualsiasi altra amministrazione sarebbe stato impensabile che avesse accesso a informazioni riservate di qualsiasi tipo; ora invece potrebbe diventare la persona responsabile delle 18 agenzie di spionaggio degli Stati Uniti.

Gli oligarchi dell’occidente
Gli imprenditori miliardari sono così influenti da essere di fatto dei governanti che nessuno ha scelto. E sono un pericolo per la democrazia

Matt Gaetz, ministro della giustizia. È una delle nomine più controverse. Gaetz, deputato repubblicano della Florida, è stato messo sotto inchiesta dai suoi stessi compagni di partito per presunto uso di droghe e molestie sessuali. Un’indagine decaduta nel momento in cui si è dimesso da parlamentare per entrare nell’amministrazione Trump. Nel 2023 guidò la rivolta della fazione radicale che portò alle dimissioni del presidente della camera, il repubblicano Kevin Mccarthy, a cui non è stata perdonata la decisione di fare un accordo con l’amministrazione Biden – anche per questo non ha tantissimi amici nel suo partito. Per Trump è fondamentale avere in quella posizione qualcuno che non si sognerebbe mai di mettere in discussione gli ordini e le decisioni più controverse, come fecero Jeff Sessions e William Barr durante il suo primo mandato, e che non avrebbe problemi ad aprire procedimenti giudiziari contro gli avversari di Trump.

Marco Rubio, segretario di stato, cioè responsabile della politica estera. Come Gabbard, Rubio è un ex avversario di Trump (si scontrarono duramente nelle primarie del Partito repubblicano del 2016) che ha finito per diventare uno dei suoi sostenitori più entusiasti. Nella sua storia è riassunta quella più grande dei repubblicani: in politica interna è passato in pochi anni da proporre una legge sull’immigrazione che prevedeva un percorso verso la cittadinanza per le persone che si trovavano illegalmente negli Stati Uniti ad appoggiare il piano di Trump per espellere milioni di immigrati, anche usando l’esercito; in politica estera ha messo da parte l’interventismo neocon conservando però le posizioni che si allineano di più alla visione del mondo di Trump, cioè massimo sostegno a Israele, indulgenza nei confronti della Russia riguardo alla guerra in Ucraina, approccio durissimo invece nei confronti di Cuba, Iran e Cina.

Kristi Noem, segretaria per la sicurezza nazionale. Governatrice della South Dakota, famosa soprattutto per essersi vantata di aver ucciso il suo cane, dovrà occuparsi del piano di espulsione di milioni di immigrati senza documenti, pur non avendo nessuna competenza sul sistema migratorio.

Robert Kennedy Jr., segretario alla salute, cioè il ministero della sanità, che ha un budget di quasi 2.000 miliardi di dollari, gestisce i programmi sanitari Medicare, Medicaid e Obamacare, è responsabile dell’approvazione di farmaci, dispositivi medici e vaccini, della regolamentazione di ospedali, medici e altri fornitori di assistenza sanitaria, e si occupa anche di questioni che riguardano l’alimentazione. Kennedy Jr. è uno dei principali esponenti del movimento antivaccinista statunitense e sostiene da decenni molte teorie complottiste e antiscientifiche. Qualche esempio: è stato tra i primi a difendere la teoria falsa della relazione fra vaccini infantili e autismo; dice che l’esposizione alle reti wireless causa il cancro; durante la pandemia di covid ha paragonato le regole imposte dal governo alle politiche della Germania nazista; è convinto che la contaminazione dell’acqua spieghi l’aumento di persone che non si riconoscono nel loro sesso biologico. L’anno scorso si era candidato alle primarie del Partito democratico contro Joe Biden, poi aveva continuato la campagna elettorale come indipendente e infine ha appoggiato Donald Trump.

Questi nomi e queste storie non ci dicono tanto cosa farà Trump (non ancora), ma piuttosto rivelano che tipo di presidente pensa di diventare. Alcune delle sue scelte sono così estreme da essere state interpretate come un atto di forza contro i repubblicani e quindi contro il congresso: una prova di sottomissione del potere legislativo. Ma sono soprattutto i primi passi della guerra che Trump scatenerà contro il cosiddetto “stato profondo”, cioè quella burocrazia fatta di funzionari non eletti che secondo lui ha sabotato la sua prima amministrazione, ha provato a colpirlo dopo la sua uscita dalla Casa Bianca e ora vorrebbe minare anche il suo secondo mandato.

Il presidente ha detto più volte di voler sradicare questi presunti oppositori. È convinto che si annidino soprattutto nel dipartimento di giustizia, al Pentagono e nelle agenzie d’intelligence, e questo contribuisce a spiegare perché le nomine più estreme siano arrivate proprio in quei settori. Gabbard, Gaetz e Hegseth sono stati scelti perché non si farebbero scrupoli a colpire quei funzionari di medio livello che potrebbero resistere ad attuare certe politiche dell’amministrazione. Nel caso del ministro della giustizia, non sarebbe sorprendente se Trump gli chiedesse di punire le persone del dipartimento che hanno indagato su di lui nel caso dei documenti riservati portati via dalla Casa Bianca.

In fondo anche la nomina di Kennedy, la più grottesca, può essere letta in quest’ottica, cioè con la volontà di Trump di lanciare un messaggio a quella comunità scientifica all’interno del governo che quattro anni fa, dopo l’inizio della pandemia, sfidò la sua autorità e alla fine lo costrinse ad adottare misure per limitare la diffusione del virus. Nel piano punitivo contro la macchina dello stato rientra anche la decisione di creare un “dipartimento”, affidato a Elon Musk e all’imprenditore Vivek Ramaswamy, che dovrebbe “tagliare drasticamente” le risorse, il personale e le regolamentazioni del governo federale.

Questo testo è tratto dalla newsletter Americana.

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