Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2000 sul numero 336 di Internazionale.
Il 25 aprile 2000 il parlamento del Vermont aveva approvato la legge che riconosceva alle unioni civili tra coppie omosessuali gli stessi diritti del matrimonio, che restava però possibile solo tra un uomo e una donna.
Forse quello che è successo era inevitabile. Un terzo degli americani è a favore del matrimonio civile per le coppie gay e lesbiche, un terzo è contrario e un altro terzo simpatizza con le coppie gay per le difficoltà che devono affrontare, ma non approva il matrimonio gay. Negli ultimi dieci anni queste percentuali sono cambiate, ma non molto.
Insomma, la situazione era matura per un compromesso: un’istituzione pseudomatrimoniale creata per le coppie omosessuali che comprendesse, se non tutti, almeno buona parte dei diritti e delle responsabilità del matrimonio civile ma permettesse di evitare la parola matrimonio. Alla fine di aprile, con una decisione storica, lo stato del Vermont ha introdotto l’“unione civile”.
Molti difensori dei diritti degli omosessuali sono pronti a cantare vittoria. La battaglia per il matrimonio li ha sempre messi a disagio. La piattaforma rivendicativa della Millennium March per i diritti gay che si è svolta a Washington il 30 aprile parlava solo di difesa di tutti i tipi di famiglie. La Human Rights Campaign, la più potente lobby per la difesa dei diritti degli omosessuali, evita la parola matrimonio in quasi tutte le sue pubblicazioni. Probabilmente ha dato ascolto a quei gruppi formati da persone come mia madre. La prima volta che abbiamo discusso dell’argomento mi ha detto: “Va benissimo. Ma non potreste chiamarlo in un altro modo?”.
La risposta è no. Il diritto al matrimonio, qualsiasi interpretazione si dia alla Costituzione americana, è uno dei diritti civili fondamentali. “Separati ma uguali” era la formula dannosa e fallimentare usata per la discriminazione razziale. E sarebbe altrettanto dannosa e fallimentare anche nei confronti dell’orientamento sessuale. I molti progressi degli ultimi anni – le leggi sull’“associazione domestica” approvate in molti Stati e città, il generoso pacchetto di concessioni finalmente ottenuto nelle Hawaii, il successo nel Vermont – non vanno disprezzati. Ma non sono la soluzione, come alcuni eterosessuali progressisti e certi gay pragmatici sembrano desiderare. Anziché favorire la causa della completa eguaglianza, queste mezze misure la danneggiano. Perché non esiste alcun argomento a favore dell’unione civile che non sia applicabile anche al matrimonio. Accettare l’unione civile ma non il matrimonio, accettare la sostanza negando alla relazione il nome e la forma che le spettano, equivale a una vera e propria condanna. Rischia non solo di perpetuare la discriminazione pubblica contro un gruppo di cittadini ma rafforza anche la “balcanizzazione” culturale che già affligge la vita pubblica americana.
Lettera ai progressisti
Questo articolo non è rivolto alle persone convinte che l’amore omosessuale sia peccaminoso o immorale, a quelli che ritengono che l’omosessualità sia una malattia che può essere curata, oppure a quelli che sostengono che i rapporti omosessuali siano il frutto di una disfunzione. Non sono loro che hanno chiesto il compromesso dell’unione civile: queste persone non vogliono accordare alle coppie gay nessun riconoscimento.
Le persone che invece sostengono le unioni civili di solito riconoscono i diritti degli omosessuali. Sono alleati che la causa del matrimonio non può permettersi di perdere. Ammettono che i loro amici gay sono esseri umani. Ma bisogna aiutarli a capire che la posizione che li porta a sostenere l’unione civile e a opporsi al matrimonio è incoerente, basata più sui sentimenti che sulla ragione, più sui pregiudizi che sui principi. E i progressisti, meglio di chiunque altro, dovrebbero resistere a questa tentazione.
Negli ultimi duemila anni l’istituzione del matrimonio ha subìto grandi cambiamenti
L’argomento comunemente usato dai progressisti a favore dell’unione civile e contro il matrimonio è stato riassunto da Hillary Clinton a gennaio: “Il matrimonio”, ha detto quando qualcuno ha insistito perché prendesse posizione, “ha un contenuto storico, religioso e morale che risale ai primordi dell’umanità. Penso che il matrimonio sia ancora quello che è sempre stato: un’unione tra un uomo e una donna”. Questa dichiarazione, molto più elaborata di quelle del vicepresidente Al Gore o del governatore del Texas George W. Bush, merita di essere esaminata.
Ha due aspetti. Il primo è un appello al contenuto morale, storico e religioso di un’istituzione che sarebbe rimasta immutata “dai primordi dell’umanità”.
Ma anche una frettolosa analisi storica rivela la fragilità di questa affermazione. L’istituzione del matrimonio civile, come la maggior parte delle istituzioni umane, ha subìto grandi cambiamenti negli ultimi duemila anni. Se oggi il matrimonio fosse lo stesso di duemila anni fa, potremmo sposare una dodicenne che non abbiamo mai conosciuto, avere una moglie come se fosse una proprietà e disporne a nostro piacimento, o arrestare una persona che ha sposato qualcuno di una razza diversa. E sarebbe impossibile divorziare. È come dire che i senatori dello Stato di New York sono uomini e sono sempre stati uomini: significa che una donna non può diventare senatore dello Stato di New York?
Anche l’appello al contenuto religioso del matrimonio è irrilevante. Nessuno chiede alle comunità di fedeli di cambiare la loro definizione di matrimonio, a meno che una di queste comunità, come gli ebrei riformati, non decida di farlo di propria volontà. La questione in ballo è il matrimonio civile, e non il matrimonio religioso. In un paese in cui Chiesa e Stato sono separati, non è una distinzione da poco. Molte religioni, per esempio, non ammettono il divorzio. Ma il divorzio civile rimane legale. Molti cittadini non aderiscono ad alcuna religione. Dovremmo chiedere loro di sceglierne una per potersi legalmente sposare?
Perciò, se ammettiamo che la religione non ha niente a che fare con il matrimonio civile e che il matrimonio civile è cambiato nel tempo, ci ritroviamo con una preoccupazione ancora più vaga. Perché il cambiamento che si vorrebbe introdurre nel matrimonio è più drastico di tutti gli altri che lo hanno preceduto? Mi sembra che questo sia il tasto toccato da Hillary Clinton quando dice: “Penso che il matrimonio sia ancora quello che è sempre stato: un’unione tra un uomo e una donna”. A prima vista sembra un’affermazione banale, ed è proprio per questo che affermazioni così sono le preferite dalle persone che si battono “in difesa del matrimonio”. Ma, a pensarci bene, che altri significati può avere? Secondo me ci sono varie possibilità.
La prima è l’idea secondo cui il matrimonio serve solo alla procreazione. È un’istituzione nata per garantire la stabilità necessaria alla crescita dei figli – e solo un uomo e una donna, questo è un fatto biologico, possono avere dei figli. Quindi il matrimonio civile è riservato agli eterosessuali per un ottimo e logico motivo.
Se il matrimonio servisse solo alla procreazione, cosa dovremmo fare con le coppie che non hanno figli?
L’unico problema è che questa tesi non tiene conto del fatto che il matrimonio civile viene concesso anche a coppie senza figli, a coppie sterili, a coppie che si sposano troppo tardi per avere dei figli. C’è qualche motivo per cui una coppia eterosessuale senza figli possa avere i diritti e le responsabilità del matrimonio civile, ma una coppia lesbica in cui entrambe le donne sono madri biologiche no? Non ha senso se si pensa che il matrimonio serve solo alla procreazione. Perché se così fosse, dovremmo annullare i matrimoni di tutte le coppie senza figli. Questo, almeno, sarebbe coerente. Ma come la prenderebbero le coppie eterosessuali? Forse si sentirebbero come si sentono oggi le coppie gay, e penserebbero che la società sottovaluta l’importanza del loro rapporto relegandoli in una categoria che non è all’altezza dello standard sociale desiderato. Resisterebbero e protesterebbero. Non sarebbero certo soddisfatte di questa nuova istituzione chiamata unione civile.
Uomini e donne
Un’altra interpretazione del commento di Hillary Clinton è che il vero matrimonio è solo l’esperienza di un uomo che entra in relazione con una donna e viceversa. Alcuni teologi hanno addirittura sostenuto che il rapporto eterosessuale è un’opportunità unica di crescita personale, perché capire una persona di sesso opposto è più faticoso e arricchisce di più che non capire una persona dello stesso sesso. Quindi il matrimonio tra due persone di sesso diverso rafforza il carattere e la comprensione come il matrimonio tra persone dello stesso sesso non fa e perciò merita un maggior incoraggiamento sociale. Il matrimonio tra persone di sesso diverso favorisce la comunicazione, la comprensione e la tolleranza, tutte virtù necessarie in una democrazia liberale.
La legge permette di sposarsi a criminali, divorziati, persone sterili, ma non ai gay
Lasciamo da parte la strana idea che i rapporti eterosessuali siano più complicati di quelli gay. Il problema della tesi della formazione del carattere è che l’attuale legislazione sul matrimonio non è minimamente interessata al carattere. La legge non impone alle persone sposate di imparare l’una dall’altra, di crescere insieme spiritualmente, e neanche di vivere insieme. Una donna può sposare un multimiliardario conosciuto durante uno spettacolo della Fox Tv e la legge non accorderà a questo matrimonio minor validità di quella accordata all’impegno preso per tutta la vita dal telepredicatore Billy Graham con sua moglie. I tribunali garantiscono senza alcuna limitazione il diritto al matrimonio a padri nullafacenti, a uomini con innumerevoli divorzi alle spalle, ai condannati a morte, ai malati di mente.
In generale, facciamo una distinzione tra quello che la tradizione morale e religiosa si aspetta dal matrimonio e quello che le autorità civili chiedono per approvarlo legalmente. Può anche darsi che alcune tradizioni religiose vogliano riservare il matrimonio agli eterosessuali per incoraggiare virtù che sono esclusivamente eterosessuali. E possono avere dei buoni motivi per farlo. Ma la legge civile fa solo quattro domande prima di sancire un matrimonio: sei adulto? Sei già sposato? Hai rapporti di parentela con la persona che vuoi sposare? Sei eterosessuale? Quest’ultima domanda stona. Quando la legge permette di sposarsi a criminali, divorziati, carcerati, persone sterili e malati di mente, mi sembra significativo che poi escluda gli omosessuali.
Pregiudizi e paure
Dirò di più: non c’è alcuna ragione morale per essere a favore delle unioni civili e non del matrimonio tra persone dello stesso sesso a meno che non si sia convinti che estendere questa importante istituzione civile agli omosessuali significhi indebolirla. È questa la sostanza della Legge per la difesa del matrimonio, che lascia intendere che permettere agli omosessuali di sposarsi rappresenta un “attacco” all’istituzione del matrimonio. Sia Gore che Bush hanno scelto questa posizione. Sia Bill che Hillary Clinton l’hanno appoggiata. A dire il vero è la posizione più popolare nel dibattito in corso. Ma come può la libertà di sposarsi di una coppia gay indebolire l’impegno assunto da una coppia eterosessuale? La risposta più ovvia è che dato che gli omosessuali sono fondamentalmente depravati e immorali, se si permettesse loro di sposarsi inevitabilmente si danneggerebbe, anzi si svilirebbe, l’istituzione del matrimonio. Si rovinerebbe “il quartiere” del matrimonio, e nessuno vorrebbe più abitarci. Per alcuni maschi eterosessuali il matrimonio è attraente anche perché conferisce uno status sociale, distinguendoli dai tanto disprezzati omosessuali. Se si toglie questo status sociale, si indebolisce l’istituzione.
Alcuni temono che se il matrimonio gay fosse ufficiale si creerebbe un nuovo standard basato sull’adulterio
È raro che questa tesi venga sostenuta apertamente, ma credo che molti di quelli che hanno appoggiato la Legge sulla difesa del matrimonio l’avessero in mente. C’è da chiedersi, per esempio, che cosa pensassero di ottenere Bill Clinton e Newt Gingrich, entrambi coinvolti in relazioni extraconiugali, facendo approvare quella legge. Ma al di là delle razionalizzazioni che se ne fanno, questo particolare argomento può essere solo considerato come un’espressione di pura animosità. Basa il prestigio del matrimonio non sulle sue virtù, responsabilità e gioie, ma sul fatto che esclude i gay, cedendo alla più brutale demagogia. Dal punto di vista politico, garantire i diritti di una maggioranza negandoli a una minoranza è esattamente il contrario di quello che ci si aspetterebbe da una democrazia liberale. E dovrebbe infastidire chiunque avesse un temperamento anche solo vagamente progressista.
Altri sostengono che la loro opposizione al matrimonio tra gay non si basa su un puro e semplice pregiudizio, ma sulla realtà. Gli omosessuali, dicono, sono incapaci di assumersi impegni o responsabilità e di essere monogami come gli eterosessuali. Quindi come gruppo dovrebbero essere esclusi da un’istituzione che si fonda su queste virtù. Sono convinti che se il matrimonio gay fosse legale, gli omosessuali stabilirebbero un nuovo standard morale basato sull’adulterio e l’infedeltà che abbasserebbe lo standard generale. Ma anche in questo caso si pone al matrimonio omosessuale un limite che non esiste per nessun altro gruppo. La legge attuale non dà alcun giudizio sulla capacità di chi vuole sposarsi di soddisfare questi obblighi. Forse se lo facesse la percentuale dei divorzi si abbasserebbe. Ma non lo fa, e in una società libera è giusto che non lo faccia. La legge si rende conto che persone diverse raggiungono obiettivi diversi. Molti faranno l’esperienza del divorzio; alcuni matrimoni non dureranno più di una settimana, altri dureranno tutta la vita. Ma il diritto a sposarsi non tiene conto in nessun modo di tutto questo: i matrimoni riusciti e quelli falliti sono uguali davanti alla legge. Perché mai questo sistema così sensato e umano deve funzionare per tutti ma non per gli omosessuali?
Guardiamola in un altro modo. Anche ammettendo che gli omosessuali maschi, essendo uomini, siano nel loro complesso meno capaci di rispettare gli standard di monogamia e di impegno richiesti dal matrimonio, questo fa sorgere ancora un’altra domanda. Sono meno capaci, diciamo, dei malati di mente? Di un uomo normale con vari divorzi alle spalle? Di un assassino condannato a morte? Di un presidente degli Stati Uniti? La verità è che non è possibile applicare questo tipo di giudizio a un’intera categoria di persone. Vedendo, per esempio, l’alta percentuale di divorzi e di nascite illegittime che c’è tra gli afroamericani, non arriviamo alla conclusione che bisognerebbe togliere loro il diritto di sposarsi. Anzi, arriviamo alla conclusione opposta: è proprio a causa dell’alta percentuale di divorzi e di nascite illegittime che il matrimonio è così importante per i neri americani. Perché non applicare lo stesso criterio agli omosessuali?
Il diritto a formare una famiglia è fondamentale: viene prima anche del diritto di voto
Per amore della discussione, ho ammesso qualcosa che non sono affatto pronto ad ammettere. Abbiamo pochissime prove del fatto che i matrimoni tra persone dello stesso sesso sarebbero meno riusciti di quelli tra eterosessuali. Proprio perché il matrimonio è un’esperienza nuova per la maggior parte dei gay, qualcosa per cui lottano da decine di anni, i suoi privilegi non verrebbero dati per scontati. Sono pronto a scommettere che i matrimoni gay si rivelerebbero più responsabili, seri e impegnati di quelli tra eterosessuali. Molti uomini gay, probabilmente, non vorranno sposarsi. Ma quelli che lo faranno si assumeranno un impegno molto più forte di qualsiasi coppia eterosessuale.
Saranno i pionieri. E i pionieri raramente mancano di rispetto alla terra che hanno appena occupato. In Danimarca, dove le unioni come quelle del Vermont sono legali da dieci anni, la percentuale dei divorzi tra gay è stata più bassa di quella tra eterosessuali. Senza tener conto del fatto che negli Stati Uniti una percentuale significativa di matrimoni tra persone dello stesso sesso sarebbe probabilmente tra donne. Se gli uomini gay, per il fatto di essere uomini, non riescono a rispettare la monogamia richiesta dal matrimonio, le donne omosessuali, essendo donne, dovrebbero essere più fedeli delle coppie eterosessuali.
Anziché rovinare “il quartiere”, gli omosessuali – uomini e donne – potrebbero invece rimetterlo in sesto.
Resta la preoccupazione più genuina: il matrimonio è un’istituzione così importante che dovremmo trattarla con estrema cautela. Questa ammirevole preoccupazione è a mio avviso l’argomento più forte contro l’eguaglianza del diritto al matrimonio. Ma è falso dire che gli omosessuali non sono interessati alla stabilità del matrimonio eterosessuale.
Siamo nati in famiglie eterosessuali, le conosciamo e le amiamo. È proprio perché questi matrimoni fanno parte della vita della maggior parte degli omosessuali, che i gay cercano di costruirne di simili. In fondo, permetterglielo comporterebbe ben pochi cambiamenti. Non avrebbe alcun effetto sui matrimoni eterosessuali. Non comporterebbe modifiche nell’insegnamento religioso. Se calcolate che i gay sono circa il 3 per cento della popolazione, probabilmente i loro matrimoni costituiranno il 2 per cento del totale. L’impatto sarà minimo se paragonato, per esempio, all’introduzione del divorzio. Nel caso del divorzio il cambiamento ha coinvolto non l’1 per cento ma il 100 per cento dei matrimoni, e oggi ne trasforma uno su due. Se c’è una legge che ha veramente rappresentato la “fine del matrimonio”, è la legge sul divorzio, non quella approvata nel Vermont.
Ma se l’unione civile dà agli omosessuali tutto quello che il matrimonio dà agli eterosessuali, perché fare tante storie?
Discriminazioni segregazioniste
In primo luogo, perché questa soluzione divide ancora una volta gli americani in base alla principale istituzione sociale. Come le leggi che proibivano i matrimoni misti, l’unione civile crea un sistema a due livelli, in cui il modello del matrimonio è superiore. Può darsi che i vantaggi siano gli stessi, come lo erano per le coppie di colore, ma la segregazione è altrettanto marcata. Uno dei maggiori meriti del matrimonio civile è la sua semplicità. A qualunque razza apparteniate, a qualunque religione, quali che siano le vostre idee politiche, la vostra classe o la vostra professione, il matrimonio è sempre il matrimonio. Afferma un’eguaglianza tra i cittadini che si estende a tutta la società civile. Ritagliare al suo interno uno spicchio di segregazione significa fare lo stesso errore che facemmo con le leggi sui matrimoni misti. Significa “balcanizzare” una delle più importanti e unificanti istituzioni che ancora abbiamo. È un impulso illiberale in teoria e in pratica, e i progressisti dovrebbero opporsi.
In secondo luogo, perché il matrimonio non è solo una serie di vantaggi. È un segno profondo di cittadinanza. La Corte suprema, in una delle sue sentenze, ha ricordato che il diritto al matrimonio è sancito non solo dalla Carta dei diritti, ma anche dalla stessa Dichiarazione di indipendenza. Secondo l’opinione di un tribunale, espressa nel 1967 dal giudice Earl Warren nel caso Loving contro lo Stato della Virginia, “la libertà di matrimonio è da tempo riconosciuta come uno dei diritti fondamentali della persona per il perseguimento della felicità da parte di ogni uomo libero”. È uno dei più importanti diritti accordati dalla Costituzione.
Quando si tratta di diritti civili fondamentali, l’onere della prova dovrebbe ricadere su coloro che cercano di negarli
Hannah Arendt lo ha detto molto bene in un suo saggio del 1959 sulle leggi che vietavano i matrimoni misti: “Il diritto di sposare chiunque si desideri è un diritto umano elementare rispetto al quale il diritto di frequentare una scuola mista, il diritto di sedersi dove si vuole in autobus, il diritto di andare in qualsiasi albergo o luogo di divertimento, indipendentemente dal colore della propria pelle o dalla propria razza, diventano diritti minori. Perfino i diritti politici – come il diritto al voto, e quasi tutti gli altri diritti elencati nella Costituzione – sono secondari rispetto all’inalienabile diritto umano alla ‘vita, alla libertà e al perseguimento della felicità’ ed è in questa categoria che indiscutibilmente rientra il diritto a sposarsi e ad avere una famiglia”.
Prima ancora del diritto di voto! La posizione della Arendt è condivisibile: quale eterosessuale americano penserebbe di avere diritto alla felicità se non potesse sposare la persona che ama? Cosa farebbe sentire più danneggiati gli eterosessuali americani: se venisse negato loro il diritto di voto alle prossime presidenziali o se non potessero avere la custodia legale del figlio? O se non fosse riconosciuto il loro rapporto con la moglie o il marito? Non c’è paragone.
Nessuna scusa
In un certo senso, penso che sia proprio perché questo diritto viene dato per scontato che alcuni eterosessuali non si rendono ancora conto che i gay non ce l’hanno. Sono stato invitato a molti matrimoni, e non credo che sia mai venuto in mente a nessuno che ero stato invitato a una cerimonia dalla quale sono legalmente escluso. Nessuno si è mai scusato, nessuno mi ha mai assicurato che la coppia che si stava sposando avrebbe sostenuto il mio diritto al matrimonio. Gli amici parlano del loro matrimonio con piacere e disinvoltura e non pensano mai che stanno sbandierando un privilegio costruito per condannare la persona con cui stanno parlando. Non sono cattivi, non sono omofobi. Come i bianchi che invitano l’ospite di colore al loro country club, pensano di averti esteso un invito mentre in realtà ti stanno dimostrando la tua esclusione. Non lo capiscono. E alcuni di loro non lo capiranno mai.
Un’ultima cosa. Quando si tratta di diritti civili fondamentali, a me sembra che l’onere della prova debba ricadere su coloro che cercano di negarli a una piccola minoranza di cittadini piuttosto che a quelli che cercano di estenderli. Finora non è stato così. A tutti quelli come me che hanno sostenuto il diritto all’eguaglianza è stato chiesto di dimostrare un mucchio di cose: che il mondo non finirà, che il matrimonio non verrà distrutto, che questa riforma non porterà alla poligamia, all’incesto, alla bestialità e alla caduta dell’Impero. A chi ci nega questo diritto, invece, non è stato chiesto di dire niente di più sostanzioso del vago e incoerente commento con cui Hillary Clinton ha liquidato la questione. Al Gore, per esempio, non ha ancora fornito un motivo convincente per la sua opposizione al matrimonio gay.
Ma se il matrimonio civile non richiede niente che un uomo o una donna omosessuali adulti non possano soddisfare, se l’amore omosessuale è valido quanto quello eterosessuale e se il matrimonio civile è un diritto costituzionale più importante del diritto al voto, allora continuare a escludere i cittadini omosessuali dal matrimonio civile è un’enormità a livello costituzionale e politico. È alle persone che difendono lo status quo che dovremmo chiedere di dimostrare la loro tesi oltre ogni ragionevole dubbio. Ma naturalmente non dovranno farlo.
I media si congratuleranno con George W. Bush solo perché avrà ammesso che i gay che lo aiutano nella sua campagna sono esseri umani. Gli uomini che fanno i sondaggi per Gore gli diranno che sostenere il più basilare diritto civile degli omosessuali sarebbe un suicidio politico, e lui sicuramente gli darà ascolto. È la politica, e ho imparato a non aspettarmi nulla.
Ma la questione è un’altra.
Ammettere che gli adulti omosessuali sono cittadini responsabili, ammettere che l’istituzione del matrimonio non subirà alcun danno se verrà estesa anche a loro, e poi offrire ai gay un’istituzione di seconda classe chiamata unione civile non ha senso. Significa arrendersi a una paura infondata. I progressisti dovrebbero rendersene conto.
La questione è semplicissima: i gay sono cittadini di questo paese. Dopo due secoli di invisibilità e di persecuzioni meritano di essere riconosciuti come tali.
(Traduzione di Bruna Tortorella)
Paesi in cui sono vietati i rapporti omosessuali maschili e femminili
Africa
Algeria, Burundi, Camerun, Ciad, Comore, Eritrea, Etiopia, Egitto, Gambia, Ghana, Guinea, Kenya, Libia, Malawi, Mauritania, Marocco, Nigeria, Senegal, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Tanzania, Togo, Tunisia, Uganda, Kenya, Zambia.
Asia e Oceania
Bangladesh, Birmania, Brunei, Malaysia, Maldive, Pakistan, Isole Solomon, Sri Lanka, Uzbekistan.
Medio Oriente
Iran, Iraq, Libano, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Siria, Emirati Arabi, Kuwait, Palestina, Yemen.
Americhe
Barbados, Grenada, Guyana.
Paesi in cui sono illegali solo i rapporti omosessuali tra uomini
Africa
Mauritius, Namibia, Sierra Leone, Zimbabwe, Swaziland.
Asia e Oceania
Kiribati, Malesia, Isole Cook, Papua Nuova Guinea, Samoa, Singapore, Tonga, Turkmenistan, Tuvalu.
Medio Oriente
Afghanistan, Kuwait.
Americhe
Antigua e Barbuda, Dominica, Giamaica, Santa Lucia, Saint Kitts e Nevis.
Paesi che prevedono il matrimonio o altre forme di unioni legali
Albania, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Bermuda, Brasile, Canada, Cile, Cipro, Colombia, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Groenlandia, Guadalupe, Guyana Francese, Islanda, Isole Fær Øer, Israele, Irlanda , Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Martinica, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Portogallo, Québec (Canada), Regno Unito, Repubblica Ceca, Saba (Paesi Bassi), Sant’Elena (Regno Unito), Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Taiwan, Ungheria e Uruguay. (Fonte: Ilga)
Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2000 sul numero 336 di Internazionale. L’originale era uscito su New Republic con il titolo “State of the union”.
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