Dopo il caso Gregoretti, la giunta per le immunità e le autorizzazioni del senato dovrà decidere se dare l’autorizzazione al processo per il caso Open Arms, richiesto dal tribunale dei ministri di Palermo nei confronti dell’ex ministro dell’interno Matteo Salvini. Il voto si sarebbe dovuto svolgere il 27 febbraio ma è stato rimandato al 10 marzo, perché un senatore leghista si è imposto un’autoquarantena per l’epidemia di coronavirus. L’accusa contro Salvini è di “sequestro plurimo di persona aggravato” e “abuso di atti d’ufficio”, per aver impedito lo sbarco dei 107 migranti bloccati al largo di Lampedusa nell’agosto 2019 a bordo della nave della ong spagnola Open Arms. La giunta si riunisce alle 16 per le dichiarazioni di voto e la votazione, poi il fascicolo passerà all’aula, che se ne dovrà occupare entro trenta giorni.
Le accuse dei giudici
L’ex ministro dell’interno è accusato di aver privato della libertà personale i migranti, tra cui diversi minori, per 19 giorni a bordo della nave Open Arms, abusando del suo potere e violando una serie di leggi internazionali. Secondo il tribunale dei ministri, Salvini avrebbe agito in autonomia, in contrasto con il presidente del consiglio Giuseppe Conte, “sin da quando, apprendendo dell’intervento di soccorso posto in essere in zona Sar libica dalla Open Arms, coerentemente con la politica inaugurata all’inizio del 2019, adottava nei confronti di Open Arms, d’intesa con i ministri della difesa e delle infrastrutture e dei trasporti, il decreto interdittivo dell’ingresso o del transito in acque territoriali italiane, qualificando l’evento come episodio di immigrazione clandestina, a dispetto del riferimento alla situazione di difficoltà del natante su cui i soggetti recuperati stavano viaggiando”.
I giudici allegano alla richiesta di autorizzazione un carteggio tra Conte e Salvini, mostrando che il presidente del consiglio “il 16 agosto rispondeva a una missiva del ministro Salvini, ribadendo con forza la necessità di autorizzare lo sbarco immediato dei minori presenti a bordo della Open Arms, anche alla luce della presenza della nave al limite delle acque territoriali (in effetti vi aveva già fatto ingresso) e potendo, dunque, configurare l’eventuale rifiuto un’ipotesi di illegittimo respingimento aggiungeva di aver già ricevuto conferma dalla Commissione europea della disponibilità di una pluralità di stati a condividere gli oneri dell’ospitalità dei migranti della Open Arms, indipendentemente dalla loro età. Invitava, dunque, il ministro dell’Interno ad attivare le procedure, già attuate in altri casi consimili, finalizzate a rendere operativa la redistribuzione”.
Inoltre i giudici ritengono che la situazione fosse ancora più grave perché “queste persone, costrette a restare a poca distanza dalla costa, che riuscivano comunque a vedere, ma che non riuscivano a raggiungere, provassero sentimenti di frustrazione evidente e anche di disperazione. Si aggiunga, poi, che la circostanza per la quale alcuni migranti che si erano gettati in mare erano poi stati condotti in terra, aveva causato ulteriori tensioni fra quelli rimasti a bordo, che evidentemente non vedevano l’ora di toccare terra”. Salvini nella sua memoria difensiva ha sostenuto che la nave sarebbe dovuta attraccare a Malta, in Spagna o in Tunisia. Secondo Salvini “i primi paesi contattati e informati da Open Arms dopo le operazioni di salvataggio erano stati la Spagna (paese di bandiera della nave) e Malta (zona più vicina al punto dei salvataggi). L’Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms in quanto avvenuti del tutto al di fuori di aree di sua pertinenza”. Tuttavia la nave aveva chiesto un porto di sbarco all’Italia già il 2 agosto, così come aveva chiesto anche alle autorità spagnole e a quelle maltesi.
Il caso Open Arms
- Il 1 agosto 2019 avviene al largo della Libia il primo soccorso, subito seguito da un secondo intervento; vengono salvate 124 persone in tutto.
- Già il 2 agosto è richiesto un porto di sbarco all’Italia , ma nello stesso giorno la nave viene raggiunta dal decreto sicurezza bis e dal divieto di entrare in acque italiane. Dopo il trasferimento per motivi medici di due persone e di un loro familiare, a bordo rimangono 121 persone: tra loro 32 minori, di cui 28 non accompagnati.
- Il 9 agosto i legali di Open Arms, dopo aver depositato un ricorso presso il tribunale per i minori di Palermo in cui si chiede di sbarcare le persone, presentano una denuncia in cui si chiede di verificare se con il blocco delle persone a bordo non si stia compiendo un reato.
- Il 10 agosto è effettuato un terzo salvataggio di 39 persone, mentre continuano i trasferimenti medici a causa delle condizioni di salute delle persone.
- Il 12 agosto il tribunale dei minori di Palermo riconosce che si starebbe configurando un reato di respingimento alla frontiera ed espulsione di minori e chiede spiegazioni al governo.
- Il 13 agosto i legali di Open Arms presentano un ricorso al tribunale amministrativo del Lazio contro il decreto sicurezza bis, emanato dal ministero dell’interno e cofirmato dai ministri dei trasporti e della difesa.
- Il 14 agosto il Tar del Lazio sospende il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane, accogliendo il ricorso presentato dall’organizzazione spagnola: la nave fa rotta verso l’Italia, ma comunque non riceve un porto di sbarco.
- Il 16 agosto viene presentato un nuovo esposto alla procura di Agrigento per omissione di atti di ufficio e altri reati. Intanto a bordo cresce la tensione, diverse persone sono trasferite per motivi medici, alcune si gettano in acqua per la disperazione.
- Il 20 agosto dopo diversi trasferimenti il procuratore di Agrigento sale a bordo della nave e dopo un paio di ore decide di disporre lo sbarco e il sequestro preventivo d’urgenza della nave, ipotizzando il reato di abuso di ufficio. Il giorno stesso la nave attracca a Lampedusa con 83 persone a bordo.
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