Il 21 ottobre il governo guidato da Giorgia Meloni si è riunito per rispondere alle critiche che gli sono state rivolte, dopo che il 18 ottobre i giudici del tribunale di Roma non hanno convalidato il trattenimento di dodici richiedenti asilo, trasferiti forzatamente nei centri di detenzione in Albania e poi portati in Italia in seguito alla decisione della magistratura. Il caso ha scatenato uno scontro istituzionale.
“Non penso che siano i giudici a dovere stabilire quali siano i paesi sicuri, ma il governo”, ha detto Giorgia Meloni il 18 ottobre, chiarendo di volere portare avanti l’accordo con l’Albania. Il 21 ottobre l’esecutivo ha approvato un nuovo decreto in cui ha rivisto l’elenco dei paesi sicuri, che passano da 22 a 19. Dalla lista sono stati rimossi il Camerun, la Colombia e la Nigeria, paesi in cui sono documentate le violazioni dei diritti umani o sono in corso dei conflitti, anche se riguardano solo alcune aree di questi stati. Nel nuovo elenco rimangono tuttavia Egitto e Bangladesh, i paesi di provenienza del primo gruppo di migranti trasferiti in Albania e il cui trattenimento non è stato convalidato.
Gli altri paesi considerati sicuri dal governo italiano sono: Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Secondo il governo, la lista sarà aggiornata ogni anno ed è il frutto di un’attività di indagine su questi paesi.
Secondo il ministro della giustizia Carlo Nordio “la sentenza della corte di giustizia europea non è stata ben compresa e letta” dai giudici. Per Nordio è degli stati il compito di determinare la lista dei paesi sicuri. Il fatto che questa lista sia ora parte di un decreto dovrebbe evitare che i giudici non convalidino di nuovo il trattenimento dei richiedenti asilo sottoposti alle procedure accelerate di frontiera. “Il giudice non può disapplicare una legge, tenderei a escludere che possa disapplicarla”, ha detto il ministro, rispondendo ai giornalisti durante una conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri il 21 ottobre.
Nordio in realtà ha detto un’inesattezza: i giudici possono disapplicare la legge se è in contrasto con la normativa europea, in questo caso con la direttiva 32 del 2013.
Secondo il ministro dell’interno Matteo Piantedosi, che ha partecipato alla conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri, la nuova norma sui paesi sicuri permette di accelerare le procedure di asilo e anticipa in realtà il nuovo regolamento europeo, che fa parte del Patto europeo sulla migrazione e l’asilo e che entrerà in vigore nel 2026. Piantedosi non ha chiarito quanto sono costati i trasferimenti forzati dei 16 migranti in Albania, affermando che la spesa è stata simile a quella dell’accoglienza in Italia e che è stata usata una nave della marina militare italiana che in ogni caso sarebbe stata in attività.
Secondo il giurista e presidente del Consorzio italiano di solidarietà Gianfranco Schiavone, “sono stati tolti dalla lista dei paesi sicuri tre casi clamorosi, come Nigeria, Camerun e Colombia”, ma per gli altri si dovrà in ogni caso valutare di volta in volta. Per Schiavone, inoltre, i giudici italiani sono obbligati a disapplicare una legge nel caso sia in contrasto con una norma europea: “La norma europea è sovraordinata alla norma nazionale, in caso di contrasto tra le due la seconda deve essere disapplicata”. Inoltre, il giurista spiega che è fantasioso volere “anticipare il regolamento europeo che entrerà in vigore nel 2026”, e che le norme da applicare sono quelle vigenti e non quelle future.
“La riforma (cioè il Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, ndr) prevede nove regolamenti, è un testo molto complesso e per questo è stato previsto di applicarlo tra due anni, perché si è intervenuti su tutti gli aspetti dell’asilo. Quindi non si può applicare ‘in anticipo’ solo uno dei nove, c’è bisogno di un piano progressivo. Non è che il governo italiano può applicare solo quello che gli piace”, conclude Schiavone. Per l’esperto, inoltre, la lista dei paesi sicuri non ha alcun impatto sui rimpatri, ma solo sulla procedura accelerata di asilo.
“C’è una volontà di sovrapporre il richiedente asilo e il migrante irregolare, la procedura accelerata di asilo, che è quello di cui stiamo parlando per l’Albania, è una cosa diversa dal rimpatrio nel paese d’origine. A chi giova questa confusione?”, conclude Schiavone. La decisione di Giorgia Meloni di scrivere una nuova legge e di andare avanti con i trasferimenti forzati in Albania, nonostante il parere negativo dei tribunali, ricorda la vicenda del premier conservatore britannico Rishi Sunak, quando la corte suprema del Regno Unito bocciò l’accordo di Londra con Kigali, per esternalizzare in Ruanda le richieste d’asilo. Anche in quel caso Sunak provò a scrivere un’altra legge per aggirare la sentenza della corte.
Questo articolo è tratto dalla newsletter Frontiere.
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