Più di cento persone sono morte e quaranta sono rimaste ferite in un attacco avvenuto all’alba del 3 ottobre a Pont-Sondé, nel dipartimento haitiano dell’Artibonite, nell’ovest del paese. Il bilancio precedente delle Nazioni Unite era di settanta vittime, ma il 9 ottobre è stato aggiornato da un funzionario locale che è intervenuto in una radio haitiana. Le violenze sono state attribuite alla banda criminale Gran Grif, i cui affiliati hanno aperto indiscriminatamente il fuoco nelle strade della città. Secondo le Nazioni Unite nell’attacco sono morte anche dieci donne e tre bambini. Sedici persone, tra cui due membri della banda, sono state gravemente ferite durante una sparatoria con la polizia.
I criminali hanno usato i loro fucili d’assalto contro case e veicoli, costringendo migliaia di abitanti a scappare nella vicina città di St. Marc. Sul suo account X il primo ministro Garry Conille ha parlato di “un attentato brutale e senza senso rivolto contro tutta la nazione haitiana”, aggiungendo che “le forze di sicurezza nazionali, con l’aiuto di quelle internazionali, stanno intensificando il loro intervento”.
Gran Grif è una delle bande criminali più efferate di Haiti e il dipartimento dell’Artibonite, prevalentemente agricolo, è tra i più colpiti dalla violenza che negli ultimi anni ha preso il sopravvento nella capitale e in altre regioni del paese. In un messaggio audio diffuso sui social network, il leader del gruppo criminale Luckson Elan ha accusato lo stato e gli stessi abitanti di Pont-Sondé di essere responsabili dell’accaduto, perché sarebbero rimasti passivi mentre i suoi uomini sono morti negli scontri con la polizia o i gruppi di autodifesa. Ma secondo la maggior parte delle fonti, l’attentato è stato una rappresaglia contro la resistenza dei residenti a pagare una tassa alla banda criminale per la circolazione dei veicoli sulla strada nazionale numero 1, che attraversa la città da nord a sud.
La criminalità nella regione dell’Artibonite, considerata il granaio di Haiti con 28mila ettari coltivati a riso, ha portato all’abbandono di almeno cinquemila ettari di terre fertili aggravando l’insicurezza alimentare nel paese. El País scrive che oltre agli attacchi contro i contadini, le bande impongono la loro legge attraverso i sequestri, il furto di alimenti e gli abusi sessuali. Secondo la Piattaforma delle donne organizzate per lo sviluppo dell’Artibonite, tra aprile del 2023 e marzo del 2024 nel dipartimento ci sono stati più di 1.370 casi di stupro.
L’attacco del 3 ottobre è arrivato quasi un mese dopo il prolungamento dello stato d’emergenza in tutto il territorio nazionale per far fronte alla violenza generalizzata. Da giugno nell’isola sono presenti alcune centinaia di poliziotti keniani che fanno parte della missione internazionale di sicurezza armata per stabilizzare il paese, limitare il potere delle bande e organizzare delle elezioni libere. “Il massacro di Pont-Sondé è il peggiore in termini di vittime da quando gli agenti di polizia stranieri hanno cominciato ad arrivare ad Haiti e ha evidenziato le carenze degli sforzi internazionali per ripristinare la sicurezza”, ha scritto il Miami Herald.
La crisi sociale e di sicurezza si ripercuote su tutta la popolazione – in sei mesi il numero degli sfollati interni è raddoppiato raggiungendo le 700mila persone – e in particolare sui bambini. Il 1 ottobre, quando è ricominciato l’anno scolastico, molte scuole non sono state in grado di accogliere gli alunni. Alcuni edifici sono inagibili dal terremoto del 2010, altri non possono essere raggiunti a causa della presenza delle bande, altri ancora sono stati adibiti a rifugi temporanei per chi ha perso la casa. A questo si aggiunge che circa il 30 per cento degli insegnanti ha lasciato il paese, quindi l’anno scolastico è cominciato anche se in molte classi mancavano i professori.
La fame, la prospettiva di guadagni facili e di avere un riparo spingono molti bambini a entrare nelle fila delle bande, ha denunciato il 9 ottobre un rapporto dell’ong Human rights watch (Hrw). Negli ultimi mesi centinaia, se non migliaia, di minorenni sono stati reclutati dai gruppi criminali, che li coinvolgono in attività illegali come estorsioni, saccheggi, rapimenti e perfino omicidi. Secondo il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), mezzo milione di bambini vive sotto il loro controllo. Anche se non ci sono cifre ufficiali, le organizzazioni per i diritti umani e i funzionari governativi stimano che almeno il 30 per cento degli affiliati alle gang sia composto da minorenni.
“Con l’inizio dell’anno scolastico”, sostiene Hrw, “il governo di transizione dovrebbe dare la priorità a una strategia incentrata sull’istruzione, che protegga i bambini, tuteli i loro diritti, risponda ai loro bisogni urgenti e offra un via d’uscita legale dai gruppi criminali. Per farlo è fondamentale il sostegno economico della comunità internazionale”.
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