Il 15 luglio 2021 è morto a Croydon, vicino a Londra, il giornalista britannico David Randall. Aveva settant’anni, era stato vicedirettore dell’Observer e poi aveva lavorato per l’Independent on Sunday. Dal 2003 collaborava con Internazionale e fin dal 2007 aveva partecipato a numerose edizioni del Festival di Internazionale a Ferrara.
David Randall, ex vicedirettore dell’Observer, è morto all’età di settant’anni. Si è spento alla sua scrivania mentre lavorava a una nuova edizione del suo libro Suburbia, in cui raccontava la sua crescita nei sobborghi britannici, un’opera elogiata per aver raccontato in maniera divertente e rivelatrice ciò che succedeva realmente dietro le tende spesso chiuse (ma non sempre pulite) delle case nei quartieri residenziali del paese.
Randall, che lascia la moglie Pam, i quattro figli Guy, Paul, Simon e Tom e quattro nipoti, era nato a Ipswich, nel Suffolk, nel 1951.
Si era avvicinato al giornalismo mentre studiava economia a Cambridge, quando era stato invitato a scrivere per il giornale studentesco dell’università, Varsity, dal suo caporedattore, Jeremy Paxman. Randall era stato uno degli autori della column settimanale The adventures of Druisilla Nutt-Tingler.
Dopo un breve periodo come comico professionista e come responsabile marketing per una società di cosmetici – due esperienze che, come avrebbe detto più tardi, erano facilmente confondibili –nel 1974 entrò nel Croydon Advertiser come giornalista tirocinante. Dopo aver svolto vari ruoli, salì di ruolo fino a diventare, nel 1980, il direttore del settimanale, che era allora la testata locale con la più alta tiratura in Gran Bretagna.
Ha abbinato il suo lavoro diurno a quello di freelance, la sera e nei fine settimana, per i quotidiani nazionali a Fleet street, la strada londinese dove un tempo c’erano le redazioni dei grandi giornali. Per un periodo ha scritto le didascalie delle foto della famigerata pagina tre del Sun. Di questa esperienza avrebbe detto, più tardi, che gli aveva insegnato a raccontare una storia con poche parole e che ogni parola aveva un’importanza.
Un’intervista con David Randall
Nel 1981 era entrato all’Observer come viceredattore sportivo.
Più tardi è diventato assistente del caporedattore, Donald Trelford, venendo coinvolto nell’evoluzione del giornale, dalla vecchia stampa a piombo fuso alle più moderne forme di giornalismo. Nel 1987 ha trascorso un periodo negli Stati Uniti per studiare i sistemi informatici editoriali, prima di tornare in Gran Bretagna dove ha contribuito a supervisionare il passaggio alla nuova tecnologia di produzione.
Dopo aver lasciato l’Observer, nel 1993, ha coordinato l’iniziativa nazionale per il Ruanda del Disasters emergency committee, che ha raccolto più di trenta milioni di sterline per aiutare i sopravvissuti al genocidio che ha colpito il paese dell’Africa orientale.
Ha continuato a fare da consulente per diversi giornali in tutto il mondo in materia di nuove tecnologie, veste grafica e design, tra cui il Sunday Standard in Kenya e il Moscow Times in Russia.
Ha insegnato giornalismo in Africa per il British Council, e in Russia e Asia centrale per l’Unione europea. Queste esperienze lo hanno portato a scrivere, nel 1996, Il giornalista quasi perfetto, un libro di testo di giornalismo che continua ae essere largamente utilizzato dagli aspiranti giornalisti ed è stato pubblicato in cinque lingue in tutto il mondo.
In seguito è entrato nell’Independent come dirigente editoriale senior, prima di ritirarsi per dedicarsi ai suoi hobby: il golf, il giardinaggio e la scrittura di libri.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è stato pubblicato dall’Observer.
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