Il 20 giugno nel nordest della Siberia potrebbe essere stato battuto il record per la temperatura più alta nella storia dell’Artico. A Verchojansk, in Jacuzia, sono stati registrati 38 gradi centigradi, 18 in più rispetto alla media di giugno. È il dato più alto da quando sono cominciati i rilevamenti, nel 1885. A conferma che non si è trattato di un errore di misurazione, il giorno dopo nella stessa località sono stati registrati 35,2 gradi.

Verchojansk si trova un grado di latitudine a nord del circolo polare artico, e in inverno è uno dei luoghi più freddi al mondo, con temperature che spesso scendono oltre i 50 gradi sotto zero. La grande distanza dal mare contribuisce a far oscillare la temperatura verso i due estremi. Ma il rilevamento del 20 giugno non è un caso isolato. È da dicembre che in tutta la Siberia fa molto più caldo del normale. La tendenza si è accentuata con l’inizio della primavera: quello appena trascorso è stato il mese di maggio più caldo mai registrato nella regione. A causa del clima eccezionalmente caldo e secco la stagione degli incendi ha già avuto inizio. Nel 2019 gli incendi erano cominciati a luglio e avevano consumato oltre 3 milioni di ettari. Secondo gli esperti quest’anno il bilancio potrebbe essere molto peggiore.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Nelle regioni polari, e in particolare nell’Artico, il cambiamento climatico dovuto alle emissioni di gas serra sta procedendo molto più rapidamente che nel resto del pianeta. Tra i motivi di questo fenomeno, chiamato amplificazione artica, c’è lo scioglimento dei ghiacci e delle nevi, che essendo bianchi riflettono molta più luce (e quindi calore) rispetto all’oceano e alla terra nuda. È uno dei cosiddetti feedback loop (cicli di retroazione), che possono innescare un circolo vizioso: il riscaldamento accelera lo scioglimento, che a sua volta accelera il riscaldamento, e così via.

Anche tenendo conto di questo fenomeno, però, l’anomalia climatica in Siberia è sorprendente. Come nota il climatologo Jeff Berardelli, secondo le peggiori previsioni degli scienziati temperature come quella registrata a Verchojansk dovrebbero diventare la norma nell’Artico solo intorno al 2100 se il cambiamento climatico continuerà inalterato.

Recentemente un altro campanello d’allarme sull’accelerazione del cambiamento climatico nell’Artico era arrivato dal crollo di una cisterna contenente ventimila tonnellate di gasolio a Norilsk, sempre in Siberia. Il cedimento potrebbe essere stato causato dalla destabilizzazione del suolo dovuta allo scioglimento del permafrost, lo strato di terreno che nelle regioni circumpolari resta ghiacciato per tutto l’anno. Questo fenomeno è all’origine di un altro feedback loop, dato che libera nell’atmosfera grandi quantità di anidride carbonica, metano e altri gas serra, e favorisce la diffusione degli incendi.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it