Trattori moderni raccolgono attraverso i campi milioni di chicchi, per poi riversarli sull’obiettivo della telecamera. Un agricoltore cammina in una risaia. E per finire una bandiera pachistana verde e bianca sventola al rallentatore. Quando si parla del riso basmati il Pakistan non scherza. Questo video accoglie il visitatore sul sito internet dell’associazione di esportatori di riso del Pakistan (Reap) con lo slogan “Il riso basmati, vero orgoglio del Pakistan”.
Di conseguenza è facile immaginare quanto sia stato duro il colpo per Islamabad quando nel settembre 2020 l’Unione europea ha pubblicato sul suo Giornale ufficiale la richiesta dell’India, paese vicino e rivale del Pakistan, di ottenere un’indicazione geografica protetta (Igp) per il suo riso basmati. Se la richiesta sarà accettata, l’uso del nome basmati per le esportazioni verso l’Unione sarebbe riservato solo al riso indiano. L’iniziativa ha stravolto l’industria risicola pachistana. Il Pakistan, infatti, è l’unico paese al mondo insieme all’India a coltivare il basmati. L’Europa importa 300mila tonnellate di basmati ogni anno, due terzi dal Pakistan e un terzo dall’India.
Secondo il Giornale ufficiale dell’Unione europea la parola basmati significa “quello che contiene aroma”, e il prodotto è coltivato “nel nord dell’India, alle pendici dell’Himalaya e nella piana dell’Indo e del Gange”. Ed è proprio qui che risiede parte del problema. Prima del 1947, infatti, India e Pakistan formavano un unico stato. Dopo una guerra sanguinaria, nel 1947 è nato lo stato pachistano, ma ancora oggi alcune zone sono contese tra i due paesi. Questi fatti storici continuano ad avere una grande importanza per molti abitanti della regione. Sui social network la battaglia sul riso basmati ha fatto riaffiorare vecchi demoni. Un utente si domandava su Twitter: “Cosa c’entra il Pakistan con il basmati? Anche la terra su cui si trova quel paese non è Pakistan, ma l’antica India profanata”.
Negoziati interrotti
Sul versante pachistano si cerca di appianare le tensioni. Intervistato da Mediapart, Muhammad Kashif Ur Rehman, segretario generale della Reap, ricorda che il basmati è una coltivazione storica anche del Pakistan e non solo dell’India. Secondo lui, una richiesta congiunta indo-pachistana per la certificazione Igp “favorirebbe entrambi i paesi”.
L’associazione mantiene comunque un atteggiamento prudente. Dopo la domanda presentata dall’India, il Pakistan ha inoltrato una “mozione di opposizione” all’Ue per impedire il riconoscimento esclusivo per l’India. In un comunicato stampa la Reap ha dichiarato di aver notato “affermazioni inquietanti” nei mezzi d’informazione e sui social network e di voler “rassicurare tutti i suoi componenti sul fatto che l’associazione e il ministero del commercio pachistano sono intervenuti presso l’Unione europea”.
Secondo alcune fonti un accordo tra India e Pakistan è possibile, ma la vicenda genera enormi tensioni
Già in passato è stato fatto un tentativo di trovare un accordo sul riso basmati. Nel 2008 India e Pakistan avevano avviato un dialogo su una possibile candidatura congiunta per l’Igp presso l’Unione europea, ma gli attentati di Mumbai (attribuiti a militanti islamisti pachistani) avevano interrotto il negoziato.
La speranza di un’intesa è ancora viva. Secondo alcune fonti vicine alla trattativa un accordo tra India e Pakistan non è impossibile, ma la vicenda è estremamente politica e genera enormi tensioni. Contattato da Mediapart, un dipendente di una grande azienda pakistana produttrice di riso ha detto che il governo ha chiesto agli esportatori di non rispondere alle domande su questo “argomento delicato”.
Dalla primavera scorsa, secondo quanto richiesto dall’iter europeo, l’India e il Pakistan stanno negoziando una candidatura congiunta e hanno tempo per trovare un accordo fino all’inizio di settembre. Se si troverà un compromesso, la richiesta dell’India dovrà essere modificata per includere geograficamente il Pakistan nella zona di produzione del basmati. Si tratta di un processo volutamente lungo ed estremamente burocratico, studiato in modo da garantire un’imparzialità totale. Tuttavia, come accade spesso, i rapporti diplomatici tra i due paesi sono instabili, e c’è il rischio che tutto possa essere improvvisamente rimesso in discussione.
Per il Pakistan la posta in gioco è enorme, al di là del semplice riconoscimento della certificazione Igp per il basmati. L’agricoltura, infatti, rappresenta il 21,7 per cento delle esportazioni totali del paese, e il riso resta il prodotto più esportato.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è uscito su Mediapart.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it