Sono nata e cresciuta nella regione occidentale del Sápmi (Lapponia in italiano) finlandese. Vivere vicino al confine con la Svezia mi ha permesso di entrare in contatto con una cultura progressista e di acquisire una mentalità aperta. Da adolescente attraversavo il ponte verso la più ricca Svezia per comprare vestiti alla moda, dischi pop e riviste di moda americane. Il mio interesse per i nostri vicini a est è emerso in modo del tutto inaspettato negli anni settanta. Avevo quindici anni quando sono andata per la prima volta a Murmansk, una città russa non lontana dal mar glaciale Artico. Ero entusiasta della città, della lingua e della gente, che mi sembrava straniera e al tempo stesso molto familiare.

Negli anni ottanta ho studiato a Mosca e ho viaggiato in varie parti dell’Unione Sovietica e, successivamente, in Russia. Ho scritto anche tre libri ambientati in quel paese. Seguire ciò che succede in quelle regioni fa parte della mia vita fin dagli anni settanta. Gli ultimi anni del mandato di Leonid Brežnev in qualità di segretario generale del Partito comunista sovietico erano stati un periodo desolante.

A Mosca la carenza di cibo era così grave che la gente faceva letteralmente a botte per l’ultimo pollo al supermercato. Il breve mandato di Michail Gorbačëv portò molti miei amici in Unione Sovietica a credere nel futuro. Durante la glasnost (trasparenza) e la perestrojka (ristrutturazione), furono aperti gli archivi storici e i sopravvissuti ai gulag fecero sentire la loro voce. Finalmente si poteva parlare delle catastrofi ambientali, del terrorismo di stato, della corruzione e delle distorsioni economiche che vigevano durante il regime totalitario sovietico.

Aria di cambiamento
Nel 1988 ho ricevuto, insieme ad altri colleghi della Mosca underground, un invito a partecipare come artista visiva a una mostra sull’arte della nuova epoca, allestita in un enorme capannone industriale e intitolata “Ermitage della gioventù” (in riferimento all’omonimo museo di San Pietroburgo). La gente faceva ore di fila per entrare a vedere le opere. Le installazioni sulla vita degli artisti moscoviti in epoca sovietica e le opere espressioniste cariche di energia mi hanno aperto gli occhi. La mia concezione dell’arte sovietica è cambiata completamente. Molti degli artisti che parteciparono alla mostra oggi sono considerati dei punti di riferimento nel mondo dell’arte occidentale.

Dopo l’ascesa al potere di Boris Eltsin (presidente della Federazione russa dal 1991 al 1999), le cose hanno cominciato a cambiare. Alcuni dei miei conoscenti russi sono diventati miliardari, altri si sono ridotti in condizioni di estrema povertà. Le strade di Mosca si sono trasformate in bazar dove potevi comprare uranio, commissionare un omicidio, acquistare un paio di ciabatte malandate o una pozione per trasformare i rospi in principi. Generazioni di scrittori e artisti con un atteggiamento critico nei confronti del passato sovietico presero le redini della vita culturale di quegli anni. Sbocciò una molteplicità di culture artistiche.

Quando Eltsin si è fatto da parte, poco prima dell’inizio del nuovo millennio, ha scelto a sorpresa come suo successore Vladimir Putin, l’allora pressoché sconosciuto direttore dell’Fsb, il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa. Alcuni dei miei conoscenti speravano che, come presidente, Putin sarebbe stato un leader in grado di porre fine al caos e al saccheggio economico che avevano prevalso in Russia e di portare maggiore ordine nella società. Altri erano terrorizzati all’idea che Putin potesse introdurre i metodi dei servizi di sicurezza statali nella gestione del governo.

Un mese prima della guerra oltre la metà dei finlandesi si era opposta all’adesione del paese alla Nato

Dalla fine della seconda guerra mondiale il governo finlandese, a prescindere da chi fosse il presidente o dalla composizione del parlamento, non ha mai avuto l’abitudine di commentare in modo esplicito la situazione politica russa. Le buone relazioni con tutti i nostri vicini sono state la premessa fondamentale della politica estera della Finlandia, che in tale ambito ha posto l’accento sulla cooperazione economica e non ha voluto appesantirla con dispute sui diritti umani. La storia della Finlandia come vicina della Russia è lunga e variegata e il paese ha imparato molte cose da questa esperienza. A volte siamo finiti ai ferri corti, altre abbiamo camminato mano nella mano, sia sotto pressione sia di nostra spontanea volontà.

Uno spazio vivo
Dopo la seconda guerra mondiale, la Finlandia e l’Unione Sovietica, poi Russia, hanno intessuto relazioni economiche che hanno portato benefici a entrambi i paesi. Le aziende finlandesi hanno ampliato le loro attività in Russia, dove erano disponibili materie prime e manodopera a basso costo. I ricchi dell’area di San Pietroburgo hanno acquistato case per le vacanze nella Finlandia orientale e i finlandesi hanno comprato case a San Pietroburgo come investimento.

Soprattutto nel Sápmi e nella Finlandia orientale, il commercio e il turismo sono fioriti grazie ai turisti russi che venivano qui a fare shopping e a trascorrere le ferie. Sono stati costruiti nuovi valichi di frontiera e tra Helsinki e San Pietroburgo è stato aperto un collegamento ferroviario veloce. I russi si sono trasferiti in Finlandia per lavorare o studiare e la minoranza russofona nel nostro paese è cresciuta fino a contare quasi centomila persone. Anche i giovani finlandesi hanno studiato nelle università di San Pietroburgo e Mosca. Lo scambio culturale e scientifico era dinamico.

Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il confine tra Finlandia e Russia è tornato a essere uno spazio vivo, come lo era stato prima della rivoluzione del 1917. Per i cittadini russi, i primi anni di Putin come presidente sembravano pieni di speranza. Poi, nel 1999, ci furono delle esplosioni in diversi condomini di Mosca: Putin le attribuì ai separatisti ceceni e diede inizio alla seconda guerra in Cecenia (indipendente dal 1996, dopo un primo conflitto durato due anni), che si trasformò in una tragedia sanguinosa e brutale. Lo stesso genere di aggressione si è ripetuto in Georgia, Siria, Crimea e ora in Ucraina.

Il pensiero del presidente Putin non è difficile da comprendere: da tempo parla della vergogna che la Russia prova per aver perso lo status di superpotenza e delle promesse infrante dall’occidente, sostenendo che, in base a un accordo stipulato all’inizio degli anni novanta, la Nato non avrebbe dovuto avvicinarsi ai confini russi. La Russia in passato è stata una grande potenza e molti russi sono stati cresciuti con il mito della patria. Per loro è stato difficile accettare l’attuale posizione della Russia nell’economia e nella politica mondiale. Contro la volontà di Putin, l’Ucraina ha espresso il desiderio di entrare nell’Unione europea e nella Nato. Putin, però, considera l’Ucraina parte della Russia.

L’intenzione dell’Unione europea e della Finlandia di tagliare i ponti con la Russia in ambito culturale e scientifico aiuta Putin

Quando a febbraio di quest’anno la Russia ha radicalmente ampliato le sue operazioni militari in Ucraina, il governo finlandese ha avviato negoziati urgenti per aderire alla Nato. Questa grandissima fretta mi ha sorpreso. Alcuni hanno gioito della decisione, altri no. In passato, la Finlandia si è proposta come mediatrice di pace, ed eravamo orgogliosi di non essere allineati. Dopo l’attacco della Russia all’Ucraina, una netta maggioranza dei finlandesi si è espressa a favore dell’adesione alla Nato. È stato un cambiamento sorprendente, perché solo un mese prima oltre la metà dei finlandesi si era opposta all’adesione.

Al di là del confine
Il brutale attacco della Russia ha portato enormi cambiamenti in Finlandia. Da febbraio di quest’anno, con i boicottaggi, le sanzioni e le altre restrizioni imposte dall’Unione europea, l’epoca che ho descritto prima è stata relegata al passato. Il collegamento ferroviario tra Helsinki e San Pietroburgo è stato interrotto e attraversare il confine è diventato difficile. Le aziende finlandesi hanno venduto le loro attività russe ad acquirenti russi. L’aumento dei costi energetici, dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’inflazione sta facendo soffrire i finlandesi e l’intera Europa.

Il fatto che le foreste finlandesi siano abbattute a un ritmo incredibile è particolarmente allarmante. In passato, in Finlandia si importava una grande quantità di legname che veniva usato nell’industria locale. Non potendo più acquistare legname dalla Russia, la Finlandia deve procurarsi una quantità equivalente di legname in loco. Questa situazione ha portato alla distruzione su vasta scala delle nostre foreste, al punto da minacciare gli impegni assunti con l’Unione europea in materia di assorbimento dell’anidride carbonica.

Per i 35mila residenti in Finlandia che hanno anche la cittadinanza russa l’attuale situazione politica è difficile. Se le cose dovessero continuare a peggiorare, questa doppia cittadinanza potrebbe causargli dei problemi.

Lo scoglio della Nato
Pensavo che la Russia avrebbe reagito immediatamente e in modo aggressivo alla richiesta della Finlandia di aderire alla Nato. Quindi sono rimasta sorpresa dall’atteggiamento misurato di Putin, perché in passato il presidente russo aveva ribadito l’importanza del non allineamento militare del mio paese. Il nostro confine di 1.340 chilometri diventerà la più lunga frontiera comune tra la Nato e la Russia.

Per me è impossibile vedere la Nato come un’organizzazione che favorisce la pace. Con l’ingresso della Finlandia e della Svezia nell’alleanza atlantica, il peso militare del mar Baltico, che da tempo chiamiamo mare della pace, cambierà completamente. Le forze navali russe e della Nato nel Baltico cominceranno ad aumentare. E temo che, in quanto paese di confine, la Finlandia si troverà in prima linea in caso di guerra nucleare.

In questo momento, anche qui in Europa, il cambiamento climatico si sta manifestando con incendi, ondate di calore, siccità e perdita di raccolti. E poiché le economie della Finlandia, dell’Europa e degli Stati Uniti si avviano verso la recessione, le nazioni e i governi potrebbero diventare inquieti. La fine delle spese folli, l’incertezza e le crisi alimentano il populismo conservatore. La storia dimostra che la visione del mondo in bianco e nero e le soluzioni semplicistiche dei politici populisti non possono portare a nulla di buono. Eppure, il populismo di destra è in crescita. Purtroppo le persone hanno la memoria corta e ripetono gli errori del passato nella speranza che il risultato cambi.

Tagliare i ponti
In questa crisi difficile da decifrare, il mondo occidentale ha isolato la Russia. Il governo russo, da parte sua, ha neutralizzato i suoi cittadini che si oppongono alla guerra e lottano per la democrazia.

Ciò che mi preoccupa di più è l’intenzione dell’Unione europea e della Finlandia di tagliare i ponti con la Russia in ambito culturale e scientifico. Per questa decisione, per esempio, sono stati annullati un mio soggiorno all’università di San Pietroburgo e il progetto di un documentario ambientato a Mosca a cui sto lavorando da diversi anni. Il ministero degli esteri finlandese sconsiglia i viaggi in Russia. Penso che interrompere i rapporti scientifici e culturali aiuti il governo di Putin, perché lo rafforza nel tentativo di isolare la Russia dalla “decadente Europa”, con la sua difesa della libertà nel campo dei comportamenti sessuali, del pluralismo e dei diritti umani.

Se i russi vengono semplicemente tagliati fuori e lasciati nella sfera d’influenza del governo di Putin, c’è il rischio che in Russia possa verificarsi quello che accadde nella repubblica di Weimar dopo la prima guerra mondiale. Se costruiamo muri tra le persone e isoliamo il popolo russo dal resto dell’Europa, le conseguenze potrebbero essere terribili. Ogni guerra, breve o lunga che sia, si è sempre conclusa con un accordo di pace e una successiva ricostruzione. Più alto sarà il muro che dividerà i 144 milioni di abitanti della Russia dal resto dell’Europa, più si allungherà il tavolo dei negoziati per raggiungere un accordo di pace.

La letteratura, l’arte e la ricerca hanno la capacità unica di far incontrare persone che vivono in realtà diverse per costruire un ponte verso la pace. Il mio romanzo Scompartimento n. 6 e l’omonimo film di Juho Kuosmanen sono ambientati sulla ferrovia Transiberiana e trattano entrambi questo tema difficile.

Scompartimento n. 6 parla di come i legami tra le persone siano possibili nonostante le differenze culturali, le paure e le antipatie.

La storia comincia quando una ragazza finlandese e un uomo russo sono costretti a viaggiare insieme per due settimane nello stesso angusto scompartimento del treno. Subito provano un profondo disprezzo l’una per l’altro. Pensano di non avere nulla in comune. Ma dopo l’ostilità iniziale, una volta avviato il dialogo, cominciano ad avvicinarsi, a capirsi. Spero che nasca un confronto analogo anche tra Russia, Ucraina e occidente.

(Traduzione di Davide Musso)

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