Le droghe non sono meno pericolose del terrorismo per l’Iraq. Lo ha affermato il vicepresidente del parlamento iracheno Hakim al Zamili dopo una lunga discussione con il capo dell’Agenzia antiterrorismo, Abdul Wahab al Saadi. Le sostanze illegali sono molto diffuse nelle città meridionali dell’Iraq, in particolare in quelle al confine con l’Iran, e da anni sono diventate una delle principali fonti di finanziamento per le milizie filoiraniane.

Il mese scorso un trafficante di droga si è fatto esplodere in un attacco suicida dopo essersi consegnato alle forze di sicurezza nella parte orientale di Baghdad. Qualche giorno dopo il ministero dell’interno comunicava il sequestro di oltre 8 milioni di pillole nella capitale e il concomitante arresto di molte persone coinvolte nel narcotraffico in tutto il paese. A fine gennaio la polizia di Anbar, a nordovest di Baghdad, ha intercettato una partita di captagon in arrivo dal confine siriano: si tratta del farmaco psicostimolante utilizzato per sintetizzare l’anfetamina. Anche a marzo il ministero dell’interno ha annunciato un nuovo maxisequestro per milioni di pasticche di ecstasy. Nel giro di due mesi 2.500 persone coinvolte nel traffico di stupefacenti sono state arrestate in tutto il paese.

La continuità con la politica
Una fonte del Servizio nazionale di intelligence, che ha chiesto di rimanere anonima, ha detto alla stampa: “Il commercio della droga è gestito anche dai partiti, in particolare finanzia quelli che dispongono di una milizia armata”. E ha aggiunto: “Molti dei nostri sforzi sono inutili. Dopo l’arresto delle bande che fanno il lavoro sporco e si occupano del traffico delle sostanze, spesso i loro protettori politici intervengono per farli tornare in libertà”. Per questo il parlamento iracheno sta discutendo l’ipotesi di costituire una forza speciale guidata dell’Agenzia antiterrorismo per bloccare il traffico di stupefacenti attraverso le frontiere.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

Leggi anche:

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it