Il 31 agosto mi ha chiamato la mia amica M. Era su di giri. “Ascolta, devi salire sul tram che è stato inaugurato a Gerusalemme”, mi ha detto, praticamente senza salutarmi.

Un accenno al contesto: la prima stazione della linea del tram si trova in un insediamento israe­liano considerato dalla maggior parte degli ebrei un “quartiere” di Gerusalemme. Da lì il tram si avvicina alla città vecchia attraversando alcuni quartieri palestinesi. Poi si dirige a ovest. Il tram è diventato famoso per i tentativi di boicottaggio del progetto.

Ma torniamo alla mia amica M.: “È pieno zeppo. Tutti i poveri lo usano, dato che è gratis. E chi sono i poveri? Palestinesi ed ebrei ortodossi. Incollati gli uni agli altri. A bordo c’era anche un soldato, con una grossa kippah. Insieme a lui, un altro ragazzo ortodosso. A un certo punto sono salite due anziane palestinesi con l’hijab. Hanno saltato la loro fermata e si sentivano perse: ‘Cosa facciamo ora, dove andiamo?’. Nessun problema. Il soldato e il suo amico le hanno tranquillizzate. Tutti erano gentili l’uno con l’altro. L’autista era palestinese. Mi avevano detto che solo gli autisti palestinesi hanno fatto domanda di lavoro. Gli ebrei avevano paura di guidare nei quartieri arabi. Ma poi ho visto un autista con la kippah. Dovresti salirci anche tu. Sembravano tutti così gentili. Forse è la nuova atmosfera di Israele, creata dal movimento di protesta. Devi farti un giro sul tram prima che chiedano di pagare il biglietto e i poveri smettano di prenderlo”.

*Traduzione di Andrea Sparacino.

Internazionale, numero 913, 2 settembre 2011*

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