La settimana scorsa alcuni uomini con il volto coperto si sono fatti vedere in pubblico a Gaza. Volevano dimostrare di avere il controllo della situazione, ma il messaggio è stato interpretato in maniera opposta, come un segno di paura. Così sono stati costretti a intimidire la popolazione. Non a caso i miei amici erano molto esitanti quando mi hanno raccontato il fatto al telefono.
Per settimane gli abitanti di Gaza hanno detto che i componenti dell’apparato di sicurezza di Hamas evitavano di farsi vedere in pubblico. Il 22 agosto, invece, si sono fatti fotografare nella moschea Al Omari accanto a undici persone accusate di spionaggio a favore di Israele e in attesa di essere messe a morte. La scena ha ricordato agli israeliani la decapitazione in Iraq del giornalista statunitense James Foley: “Vedete, avevamo ragione, Hamas e lo Stato islamico sono uguali”. È molto probabile che siano stati proprio gli informatori, e non solo l’alta tecnologia, a permettere agli israeliani di bombardare il 20 e il 22 agosto gli edifici dove si nascondevano alti ufficiali di Hamas. Tre di loro sono stati uccisi insieme a nove civili.
In precedenza c’erano già state delle esecuzioni di presunti informatori, ma Hamas le aveva tenute nascoste. Questa volta ha preferito uscire allo scoperto per frenare il malcontento della popolazione. Il partito tiene costantemente sotto controllo l’umore popolare. È anche per questo che ha accettato un cessate il fuoco meno vantaggioso rispetto alle richieste iniziali.
Traduzione di Andrea Sparacino
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it