D’accordo, abbiamo problemi più urgenti. Visto che ne avremo sempre, mentre ci occupiamo di quelli converrebbe affrontare anche questo: cosa fare per la cultura in Italia?

Il rapporto

[Symbola-Unioncamere][1] 2012 dice che oggi la cultura frutta al paese il 5,4 per cento della ricchezza prodotta, equivalente a quasi 76 miliardi di euro, e dà lavoro a un milione e quattrocentomila persone, cioè al 5,6 per cento del totale degli occupati. Converrebbe prenderne nota.

Per valorizzare la cultura (nel senso sia di riconoscerne sia di di ricavarne un valore) si fa poco, in modo antiquato e dispersivo. Prendiamo il caso emblematico dei musei.

In Italia sono circa quattromila, in Francia appena 1.900. Gian Antonio Stella ricorda che tutti i musei pubblici italiani [guadagnano meno del Louvre][2] da solo. È un cane che si morde la coda: entrate irrisorie, pubblico scarso, tranne che nei musei maggiori, e pochi contributi statali fanno sì che manchino le risorse necessarie alla manutenzione e alla promozione.

[Museum Analytics][3] analizza la presenza sul web di oltre tremila dei più importanti musei del mondo. La [situazione italiana è sconfortante][4]: nessun sito italiano è tra i più visitati. Al primo posto c’è il Metropolitan di New York, seguito dal Victoria and Albert museum di Londra e dal Moma. Ma c’è anche un sorprendente settimo posto del National museum di Seoul, Corea.

La presenza sui social network è scarsa. Il record “social” delle ultime settimane appartiene al Rijksmuseum di Amsterdam: il post con cui annuncia su Facebook la propria riapertura dopo oltre dieci anni di restauri ha raccolto più di 11mila feedback tra commenti e like. Questa settimana il migliore è il museo Frida Kahlo di Coyoacán, in Messico: non precisamente uno dei più noti al mondo. In questa pagina potete divertirvi [con tutte le statistiche][5].

E ancora: cosa vi viene in mente se dico “pubblicità per i musei”? Al massimo, temo, qualche manifesto noioso con il titolo di una mostra, una foto un po’ così e troppi testi scritti in caratteri troppo piccoli.

Si può fare di meglio? Torniamo al Rijksmuseum: il suo dipinto più famoso è la [Ronda di notte di Rembrandt][6]. Guardate cosa si è inventato il museo, ottenendo una diffusione virale gratuita sul web, per celebrare la riapertura.

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Soluzione bella ma costosa? Guardate questo: per costruire un video virale che vince al Festival della pubblicità di Cannes, al Senckenberg museum di Francoforte basta un osso.

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Il Denver museum of nature and science invece, per la gioia dei bambini, prende un dinosauro e lo fa ballare.

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Troppo lieve? Guardate come il Czech National Museum pubblicizza una mostra sull’accordo di Monaco che nel 1938 stabilisce il passaggio dei Sudeti, un’ampia porzione di territorio cecoslovacco, alla Germania hitleriana.

Per restare a Praga: questo, invece, è un annuncio per il il Museum of communism.

Per cambiare genere, ecco come il Vancouver science world trova il modo di incuriosire i passanti. E come il National geographic museum valorizza le proprie foto.

E per finire nel modo più classico, cioè al coffee shop, ecco come si propone il Van Gogh museum café di Amsterdam.

Ora, chiudete un attimo gli occhi e pensate a cosa ci si potrebbe inventare qui da noi, senza nemmeno investire troppe risorse: basterebbero, credo, un po’ d’intelligenza, di accuratezza e di voglia di raccontare l’arte e la scienza in modo coinvolgente, moderno e, soprattutto, non condiscendente.

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