The first draft of anything is shit, scriveva Ernest Hemingway nella sua maniera ruvida e diretta. Almeno all’inizio, tutti i nostri film fanno schifo”, afferma Ed Catmull a proposito dei meravigliosi prodotti della Pixar. È proprio così: ogni prima bozza (idea, documento, testo, progetto) somiglia alla piena realizzazione delle sue potenzialità come un bruco schifosetto somiglia a una farfalla.

Ma non solo: molte prime idee, se non la maggior parte, non hanno alcuna possibilità di trasformarsi in qualcosa di utile o interessante. Come ha scritto Henri Poincaré, “inventare consiste proprio nel non realizzare le combinazioni inutili e nel realizzare unicamente quelle utili, che sono un’esigua minoranza. Inventare è discernere, è scegliere”.

Da questo derivano due conseguenze: vi conviene avere un sacco di prime idee, perché vi toccherà scartarne molte (ehi, sto parlando delle vostre prime idee. Con quelle su cui altri hanno lavorato a lungo bisogna stare attenti a non peccare di sicumera). E vi conviene imparare a scartarle molto in fretta, senza esitazioni né rimpianti, per riuscire a dedicare più tempo possibile alla ricerca di soluzioni migliori.

Ma anche le idee scartate possono tornare utili in vari modi. Ecco altri tre motivi per scartare in fretta. Primo, gli scarti possono essere segnali utili a marcare territori che non conviene esplorare ulteriormente. Secondo, si possono adoperare come pietra di paragone, indispensabile per individuare le ipotesi che, invece, hanno buone potenzialità. Infine, possono servire da magazzino di ricambi: anche se un’idea (un testo, un progetto) sono da buttare, magari ce n’è un pezzettino che, inserito in un altro contesto, può andare proprio bene. Quindi scartate e accantonate, ma non cancellate niente, almeno fino a quando non avete finito il lavoro.

So che molti non la pensano come me, eppure per tutti questi motivi resto convinta che il brainstorming sia una tecnica dispersiva e inefficace: una quantità di prime idee buttate a caso, non valutate e non gestite, non organizzate, non scartate, non riusate, non inserite in un flusso creativo orientato.

Il problema è che, come dicevamo, “tutte” le prime idee strisciano e sono mollicce, anche quelle davvero buone: per distinguere i bruchi dai vermi ci vuole tranquillità e una certa concentrazione. In una situazione di brainstorming, chi mai si prenderà l’onere di discernere e scegliere come consiglia Poincaré, e poi di riorientare la ricerca, aggiungendo alla fatica della creatività l’indispensabile onere della diplomazia?

E rieccoci al bruco: su qualsiasi prima idea buona c’è sempre una quantità di lavoro di sviluppo che resta da fare. Ci vogliono pazienza, umiltà, dedizione e tenacia. Se una buona idea può accendersi all’improvviso e vi regala un brivido di esaltazione, la sua messa a punto può risultare lenta, lunga, faticosa e a tratti frustrante.

Non mollate – soprattutto non mollatela, l’idea buona – e continuate a lavorarci per tutto il tempo necessario fino a quando non comincia, leggera e perfetta, a volare da sola.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it