In Ucraina la situazione peggiora così rapidamente che bisogna cominciare a chiedersi quali saranno le conseguenze della crisi sul piano internazionale. Nessuno si aspettava che il 19 marzo il comandante in capo della flotta ucraina in Crimea fosse arrestato dai russi e tenuto in custodia per 12 ore, e nemmeno che l’Ucraina introducesse un regime di visti per i cittadini russi dopo aver lasciato intendere che potrebbe tagliare i rifornimenti di acqua ed elettricità alla penisola.
Ogni giorno l’inimmaginabile diventa realtà, e possiamo ormai constatare che la crisi sta determinando tre grandi cambiamenti a livello internazionale. Il primo, già in atto, è la resurrezione della Nato. Dopo il crollo del blocco sovietico l’Alleanza atlantica non aveva più avuto ragione di esistere, e per anni ci siamo chiesti a cosa potesse servire. Poi, all’improvviso, l’annessione della Crimea ci ha dato una risposta chiara.
In mancanza di una difesa europea è proprio verso la Nato che si sono rivolti i tre stati baltici, che sono anche membri dell’Ue. La popolazione di Lettonia, Estonia e Lituania include molti russofoni, russi e persone provenienti da altre ex repubbliche sovietiche, e i loro governi temono che i servizi segreti russi possano creare gravi problemi sul loro territorio.
Non è ancora successo, ma quello degli stati baltici è un timore legittimo. Nel frattempo l’inquietudine cresce anche in Polonia, in Moldavia e in tutti i paesi che sperano nell’intervento della Nato e degli Stati Uniti. Washington ha inviato il vicepresidente, ha ricordato che qualsiasi aggressione contro un paese della Nato è un’aggressione contro tutti i membri dell’alleanza (Stati Uniti compresi) e ha annunciato l’intenzione di svolgere esercitazioni congiunte nel Baltico e nel Mar Nero.
Questo ritorno in scena della Nato deriva anche dal fatto che la risposta a un aumento delle pressioni russe potrebbe essere l’integrazione dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica, una decisione che farebbe immediatamente passare l’allarme da rosso a viola.
Il secondo cambiamento determinato dalla crisi in Ucraina riguarda l’Iran. Davanti alla probabile riduzione delle importazioni di gas russo da parte degli europei, Mosca gradirebbe molto un rallentamento del negoziato sul nucleare, perché un eventuale successo della trattativa farebbe calare il prezzo del petrolio e di conseguenza ridurrebbe le entrate in valuta forte della Russia. Di contro gli occidentali sarebbero avvantaggiati dal calo del prezzo del barile, perché questo restringerebbe i margini di manovra di Vladimir Putin.
A questo punto è possibile che gli Stati Uniti propongano all’Iran condizioni ancor più favorevoli del previsto per la firma di un accordo, facilitando il percorso diplomatico ma compromettendo ulteriormente le loro relazioni con Israele e i paesi sunniti. In questo senso la crisi ucraina potrebbe modificare gli equilibri di tutto il Medio Oriente.
Il terzo cambiamento è che per trovare una soluzione al dramma siriano gli occidentali dovranno rivolgersi direttamente all’Iran e non più alla Russia.
La situazione è ancora in divenire, ma diversi governi stanno già valutando questi nuovi scenari.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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