Per ora è solo una fragile speranza, ma è comunque la prima a cui i siriani possono aggrapparsi da tre anni a questa parte. Secondo l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria, dove i combattimenti hanno provocato già duecentomila morti e dieci milioni di profughi, il governo potrebbe finalmente accettare una sospensione dei combattimenti ad Aleppo.
La seconda città della Siria è ormai una distesa di rovine controllata a ovest dalle forze governative e a est dai ribelli, una città martire dove l’orrore non è quotidiano ma permanente, una metropoli che un tempo era di una bellezza accecante ma dove i quartieri ribelli subiscono da oltre un anno i bombardamenti con barili esplosivi che causano devastazioni spaventose. Aleppo incarna l’abominio di questa guerra, ed è per questo che Staffan de Mistura, il mediatore dell’Onu, ha proposto di sperimentare qui un cessate il fuoco che vorrebbe poi estendere altrove.
L’idea di De Mistura è rendere Aleppo un esempio da seguire altrove fermando i combattimenti e consentendo la distribuzione di viveri e medicine. Finora tutti i tentativi di questo tipo sono falliti, ma il 10 novembre Bashar al Assad ha dichiarato pubblicamente che la “proposta dell’Onu merita attenzione”. Dal canto suo il mediatore delle Nazioni Unite ha riscontrato un “interesse costruttivo” da parte del governo.
Ora De Mistura contatterà i ribelli. Il successo della sua mediazione non è affatto garantito, perché dovrà vincere un’estrema diffidenza e arrivare a un accordo sulle condizioni di applicazione e sulla durata del cessate il fuoco. Ancora non c’è niente di certo, ma in un’intervista alla Bbc l’incaricato delle Nazioni Unite ha lasciato trapelare un certo ottimismo spiegando che in Siria c’è “un nuovo fattore” che “destabilizza tutti”, il gruppo Stato islamico, e aggiungendo che né il governo né l’opposizione hanno preso il sopravvento, che “nessuno è nelle condizioni di prevalere” e che da questo equilibrio è nata l’idea di provare la via del cessate il fuoco ad Aleppo.
De Mistura non ha torto. I ribelli sono in difficoltà e rischiano di perdere Aleppo perché devono affrontare contemporaneamente l’esercito e gli estremisti dello Stato islamico. A sua volta Bashar al Assad sa bene che la sconfitta dei jihadisti finirà per ridare slancio ai ribelli, e che i paesi che si sono uniti per combattere lo Stato islamico non sono favorevoli al suo regime. La situazione in Siria sta per cambiare. Per i ribelli e per il governo uno stop dei combattimenti potrebbe aprire un nuovo capitolo. La speranza che l’orrore finisca è fragile, ma reale.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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