Molto rilassato, con un atteggiamento risoluto ed energico come al solito, Vladimir Putin si è mostrato ieri tanto convinto della fondatezza delle sue tesi quanto sereno di fronte alla crisi economica che scuote il paese. “Ritengo”, ha detto nel corso della sua conferenza stampa annuale “che abbiamo ragione sull’Ucraina e che i nostri partner occidentali abbiano torto”.

“Il problema non è la Crimea, ma il fatto che difendiamo la nostra indipendenza, la nostra sovranità, il nostro diritto a esistere” ha continuato Putin, come se l’indipendenza della Russia, la sua sovranità e il suo diritto a esistere fossero minacciati da qualcuno e come se la Russia non avesse annesso la Crimea e organizzato la secessione delle regioni orientali dell’Ucraina.

Tanta tranquillità nello stravolgere i fatti lascia sbalorditi, ma è sul crollo del rublo e sull’inesorabile declino della Russia verso la recessione che Putin si è spinto ancora più lontano nel negare la realtà. Ci si aspettava da lui l’annuncio di misure, un riconoscimento della gravità della situazione, qualche parola rassicurante almeno per la popolazione, che assiste all’aumento smisurato dei prezzi, ma così non è stato.

Sono stati rassicurati, invece, i più ricchi, poiché è stata respinta qualsiasi ipotesi di controllo dei movimenti di capitali. Per il resto, che tutti dormano tranquilli, tanto “nel peggiore dei casi questa situazione potrebbe prolungarsi circa due anni ma potrebbe anche cominciare a migliorare nel corso del primo trimestre del prossimo anno o a metà o alla fine dell’anno”.

Bene, ecco qualcosa che di certo rassicurerà i russi. Ma quale messaggio vuole trasmettere il loro presidente, sempre che ne abbia uno? Difficile a dirsi. Non si può escludere che questo atteggiamento nasconda in realtà un completo smarrimento di Putin di fronte a un caos economico quasi incontrastabile e al fallimento della sua politica estera, che gli ha permesso di ottenere la Crimea ma di perdere l’Ucraina.Nella colonna degli attivi c’è una penisola; in quella dei passivi la lista è lunga, talmente lunga che qualunque altra ipotesi diventa plausibile. Non si può neanche escludere che di fronte alla portata dei danni subiti, e prima che la Russia cominci a chiedergli di rispondere personalmente delle sue azioni, Putin sfoggi una simile fermezza per prepararsi alla ritirata.

In realtà la tensione militare sta diminuendo nelle province orientali, uno dei capi secessionisti, quello più vicino al Cremlino, non parla più di indipendenza ma di autonomia all’interno dell’Ucraina, e i diplomatici europei osservano che il tono delle conversazioni a porte chiuse con Mosca non è quello delle conferenze stampa.

Non si sa, e non è chiaro, se lo stesso Putin ne sia al corrente.

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