In Sudafrica i Mondiali vanno talmente bene che abbiamo addirittura cominciato a parlare di calcio. E anche se gli africani sanno che né Ghana né Costa d’Avorio hanno molte possibilità di alzare la coppa, il clima è molto diverso da quando lo Zaire perse 0-9 contro la Jugoslavia, nel 1974, o dal cataclisma scatenato dalla vittoria dell’Algeria contro la Germania Ovest nel 1982.
Insomma, il Sudafrica sta riuscendo nell’impresa di far dimenticare a tutti di essere l’organizzatore del più grande evento sportivo del mondo. Tutto bene, allora? Ebbene no: c’è anche la vuvuzela. I tifosi sudafricani adorano la loro tipica trombettona di plastica, ma probabilmente sono gli unici.
Perfino i medici hanno chiesto di vietarla negli stadi, perché può causare seri danni all’udito. Ma Sepp Blatter, grande capo del calcio, ha messo tutti a tacere: fermare le vuvuzela significherebbe mancare di rispetto alla cultura locale.
Strano: i sudafricani usano da molto la versione originale dello strumento, ricavata da un corno di antilope, ma quella di plastica è arrivata negli stadi da una decina d’anni appena. Soprattutto, ha un problema: fa un suono talmente monotono che rende tristi anziché allegri. E per portare fortuna alla propria squadra non è necessario fare un frastuono simile a un miliardo di vespe impazzite.
Il vero rischio è che tra qualche anno ci ricorderemo di questi Mondiali solo come quelli dell’orribile vuvuzela. Sarebbe un gran peccato.
Internazionale, numero 851, 18 giugno 2010
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