In questi giorni a Perpignan, dove si svolge il festival più importante nell’universo del fotogiornalismo, si sente parlare di continuo delle difficoltà (alcune drammatiche) in cui naviga la professione, legate all’indebolimento di giornali e riviste che hanno perso la loro capacità economica – e quindi la loro volontà editoriale – di produrre immagini di informazione e di inchiesta. Forse sarebbe il caso di guardare oltre la buona vecchia carta stampata che tanto amiamo.

Un atto di realismo che serve a scoprire l’esistenza di nuovi soggetti produttivi, anche se non sempre disinteressati né trasparenti, come per esempio alcune ong e alcune fondazioni. Il confine tra marketing e mecenatismo è sempre più sfumato e anche le migliori intenzioni, a volte, favoriscono pratiche, buone o cattive, su cui comunque riflettere. Ma l’importante è esserci, assistere a questi cambiamenti, e molti fotografi farebbero bene a dedicare a questo le energie che sprecano in inutili piagnistei.

La moltiplicazione degli strumenti digitali rende possibile la realizzazione e la commercializzazione di progetti di qualità. La lista di possibili applicazioni dai contenuti elaborati è incredibilmente ampia. In più ci sono nuovi consumatori di immagini che hanno bisogno di contenuti per i loro siti web: le radio e addirittura le tv.

Magari le cose non saranno più le stesse, ma è pur sempre un’evoluzione.

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