Ripensandoci ha scelto un ottimo momento per annunciare la sua abdicazione, il re del Belgio Alberto II. Due giorni fa, almeno a Bruxelles, il cielo era di una mestizia indecente. Pareva quasi di sentire i sospiri e le imprecazioni lanciati contro lo strato di nuvole e rimasti intrappolati lassù (“È luglio…. LUGLIO!!!”).

Poi, nel tardo pomeriggio, la bomba che distrae tutti: dopo vent’anni di regno, Alberto II sente che è arrivato il momento di cedere il trono al primogenito Filippo. Se ne parlava da tempo, ma le domande fioccano comunque. Perché proprio ora? Sarà vero che Filippo è “ben preparato” alla successione, come assicura il padre? E soprattutto: come farà Kroll senza il suo soggetto preferito?

Per chi non lo sapesse, Pierre Kroll è il vignettista del quotidiano Le Soir (nonché una delle mie droghe preferite, insieme a Twitter). Un anno fa ha pubblicato un libro, Le roi et son bouffon. Ses caricatures d’Albert II, che raccoglie centocinquanta vignette dedicate al sovrano, alcune delle quali inedite (e una di queste addirittura senza veli). Quando non è in uniforme, il re appare in vestaglia viola, pigiama a righe e pantofole a quadri di un acceso color lampone. È in questa versione regalmente casalinga firmata da Kroll che è diventato familiare a tanti belgi.

Kroll non aspettò l’incoronamento di Alberto per disegnarlo così: dopo la morte improvvisa di re Baldovino, nel 1993, pubblicò sul settimanale satirico Pan un ritratto di Alberto, fratello di Baldovino, in ciabatte e vestaglia e sul punto di brindare, sotto le parole “Alberto, un re meno austero”. Spiritoso, autoironico, noto per le sue grandi risate, di carattere Alberto II non dev’essere molto diverso da come lo ha rappresentato Kroll nel corso degli anni.

A quanto pare non credeva di dover mai regnare. Alla morte di Baldovino, che non aveva figli, ci si aspettava che salisse al trono il nipote Filippo, allora trentenne. Non fu giudicato pronto: una bocciatura che sembra pesare ancora oggi, visti i dubbi espressi da più parti sulla sua stoffa da regnante.

Incoronato il 9 agosto 1993 (un servizio televisivo dell’epoca lo mostra tremante per l’emozione), Alberto II è stato un monarca attento alla separazione tra stato e chiesa (a differenza del fratello, che nel 1990 rifiutò di firmare la legge che depenalizzava l’aborto), dotato di una pazienza portentosa (come ha dimostrato affrontando le crisi politiche del 2007-2008 e 2010-2011), sanamente insofferente verso l’estrema destra (che non ha mai voluto ricevere a palazzo) e verso le beghe tipiche della vita politica belga (e non solo belga).

Tutto questo non ne fa un santo, come ricorda Kroll: nel suo libro, disegnando l’albero genealogico della famiglia reale, piazza il terzogenito di Alberto II e Paola, Lorenzo, su un’altra pagina, come fosse in punizione, e accanto a lui, unita da una linea tratteggiata, Delphine Boël, figlia illegittima e mai riconosciuta di Alberto II. Sia Lorenzo che Delphine, per motivi diversi, sono stati pesantemente ignorati dal padre. E se Lorenzo è abituato a essere considerato la pecora nera di casa, Delphine di recente ha detto di voler portare Alberto II in giustizia per costringerlo a sottoporsi alla prova del dna.

Per alcuni sarebbe stata una delle cause dell’abdicazione: uscire di scena per sgonfiare lo scandalo. Alberto II, nel suo messaggio alla nazione, ha evocato problemi di salute. Ma per chi, come me, ha studiato Kroll, il vero motivo è chiaramente un altro. Alberto II è stufo della vita pubblica e non ha nessuna intenzione di ritrovarsi a gestire quel manicomio che è il Belgio post-elettorale (le prossime elezioni politiche si terranno nel maggio del 2014). Pronto o non pronto, è ora che Filippo abbracci questa croce. Speriamo che del padre abbia almeno una qualità: quella d’ispirare il suo buffone.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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