Martedì 9 aprile 2019 è nata la seconda repubblica di Israele. Sarà diversa dalla precedente. La prima repubblica ha ottenuto risultati impressionanti accompagnati da bugie e inganni. La seconda farà a meno di qualsiasi messinscena. Il nuovo Israele non avrà più bisogno di travestimenti. Con la vittoria in pugno e una popolarità crescente, Benjamin Netanyahu sarà in grado di annunciare la nascita della seconda repubblica, creata a sua immagine. Sia dato a Cesare quel che è di Cesare. Nessuno potrà più dire che quest’uomo non ha lasciato il segno sul paese e sulla regione.

La nuova repubblica non nasconderà più quanto succede a casa sua né cercherà di costruirsi un’immagine più accettabile. La prima repubblica era caratterizzata da una miscela di realtà e inganno: unica democrazia del Medio Oriente ma dotata all’inizio di un governo militare nei territori arabi e poi di una dittatura militare nei territori occupati; beniamina del mondo libero ma anche ultimo regime coloniale del mondo; è una stimata esponente della famiglia delle nazioni, ma al contempo viola quasi ogni legge internazionale e non annette i territori occupati in modo da creare un falso senso di provvisorietà; si vanta dello stato di diritto e della corte suprema che operano nel paese, ma possiede due diversi ordinamenti fondati sulla nazionalità: è ebraica e democratica ma ha in sé un’intrinseca contraddizione, impossibile da risolvere.

Tutto questo è finito. Il prossimo governo sarà in continuità con il precedente, ma più forte, più ultranazionalista e razzista, meno legittimo e democratico. E sarà, va ammesso, più coerente riflesso della realtà. Il 9 aprile gli elettori hanno proclamato a gran voce il loro sostegno a questo Israele. La scelta non era così difficile come può essere sembrato ad alcuni: era la scelta tra un governo di generali, che avrebbero dato seguito alla mascherata, con il plauso del mondo e degli israeliani illuminati, e un altro governo Netanyahu che modellerà Israele a sua immagine e somiglianza, senza scuse o messinscene.

La vendetta degli elettori arabi è la punizione toccata in sorte a noi tutti

Le cose appariranno in maniera diversa. L’incendio che ha cominciato ad ardere col precedente governo si diffonderà. Tribunali, stampa, gruppi di difesa dei diritti umani e la comunità araba lo sentiranno presto sulla propria pelle. Alcuni editoriali in questo giornale non saranno più pubblicati, per legge. Sarà proibito, per esempio, criticare i soldati israeliani. Qualcuno è contrario? Sarà vietato sostenere un boicottaggio di Israele. L’aeroporto Ben-Gurion sarà ancora più inaccessibile per i detrattori del regime. Le ong saranno vietate. Gli arabi saranno ancora più emarginati di oggi, mentre ci avviamo verso la creazione di uno stato ebraico con legislatori unicamente ebraici. La rappresentanza degli arabi alla Knesset potrebbe presto riflettere sparire. E naturalmente c’è l’annessione di una parte della Cisgiordania in arrivo dietro l’angolo.

Questo succede quando si ha a che fare con il Likud. Questo succede quando le elezioni riguardano solo Netanyhau, l’essere con lui o contro di lui. Questo succede quando i due principali partiti fanno a gara nelle loro affermazioni razziste contro gli arabi.

Se c’è un luogo nel quale Benny Gantz, il candidato della coalizione centrista, dovrebbe immediatamente andare è una città vicino a casa sua, Kafr Qasem, per chinare la testa e chiedere scusa ai cittadini arabi di cui ha insultato i rappresentanti. Gantz ha perso anche perché ha preso le distanze da questa comunità, umiliandola come se fossero dei lebbrosi, proprio come ha fatto Netanyahu. La vendetta degli elettori arabi è la punizione toccata in sorte a noi tutti.

Ma forse non è una punizione. Forse la realtà è comunque preferibile. Lasciamo che il mondo osservi e giudichi. Lasciamo che gli israeliani progressisti osservino e giudichino, decidendo se è possibile continuare a vivere con questa accondiscendenza, fingendo di non vedere. Lasciamo che in Europa, nel Partito democratico americano e nei quartieri liberal di Tel Aviv continuino a osservare tutto questo. Forse l’annessione dell’area C in Cisgiordania senza la concessione della cittadinanza israeliana ai cittadini arabi, l’approvazione di altre leggi sullo stato-nazione, la chiusura delle organizzazioni non governative e la censura delle istituzioni culturali riusciranno a ottenere quello che, in tutti questi anni, l’incapacità di ammettere la realtà non è riuscita a ottenere.

Forse tutto questo risveglierà finalmente un’opposizione che per molti anni pochissimi hanno desiderato. Haaretz, di fatto, non ha pubblicato un necrologio dopo le elezioni. Ma il giorno precedente una dolce illusione era morta. Forse è meglio così.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz.

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