Il sociologo tedesco Ulrich Beck propone di abbandonare la parola “globalizzazione”. Meglio “cosmopolitismo”. Perché descrive in modo più efficace il contesto di reale interdipendenza in cui viviamo, con le sue opportunità (consumi e stili di vita) e i suoi rischi (il terrorismo). Il cosmopolitismo ci spinge a considerare gli altri positivamente, aggiunge Beck, senza tuttavia annullare le differenze. A Londra si parlano più di trecento lingue e convivono almeno cinquanta comunità di origini diverse. A Londra un terzo degli abitanti è nato all’estero. Per questo la città più cosmopolita del mondo è anche la nostra capitale. Che si sforza di integrare ma non pretende di assimilare. Che accetta i conflitti e cerca di risolverli. E che è così forte da accogliere i suoi stessi nemici. Perché, come ha scritto il filosofo britannico John Gray, purtroppo non abbiamo scorciatoie: “Il terrorismo non viene da fuori. Fa parte della società in cui viviamo”.

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