Ci sono diversi paradossi nelle rivelazioni del Guardian su Prism, il sistema di sorveglianza messo in piedi dalla National security agency. Il primo lo sottolinea Evgeny Morozov: è difficile convincersi che questo sistema di sorveglianza funzioni visto che la Nsa non riesce a controllare neanche i suoi impiegati.

Il secondo: il 56 per cento dei cittadini statunitensi pensa che Prism sia un modo accettabile per combattere il terrorismo. “C’è una notiziola di cui vorrei parlarti”, ha detto qualche giorno fa Janine Gibson, caporedattrice dell’edizione americana del Guardian, ad Alan Rusbridger, il suo direttore. Rusbridger è volato a New York e da lì hanno coordinato uno degli scoop più importanti della storia del giornalismo, che è anche il primo del Guardian negli Stati Uniti. Con 57 dipendenti, di cui solo 29 giornalisti, la presenza del quotidiano londinese in America è ancora modesta. Ma non dal punto di vista del pubblico che riesce a raggiungere.

Il Guardian è un quotidiano di medie dimensioni nel Regno Unito, dove perde terreno anno dopo anno e oggi vende circa duecentomila copie, però è il terzo sito tra i quotidiani di tutto il mondo con 40 milioni di visitatori unici al mese, di cui un terzo negli Stati Uniti. Ha appena lanciato anche un’edizione in Australia, e il suo progetto è sempre più chiaro: affermarsi come una fonte d’informazione globale, una voce di sinistra e liberal nel mondo. Un altro paradosso è che l’edizione di carta del Guardian è quasi introvabile negli Stati Uniti, perché la sua strategia di espansione oltreoceano non è basata sui ricavi in edicola, ma sulla pubblicità online. E il suo scoop dimostra una volta di più che per raggiungere tanti lettori non è necessario scendere a compromessi con la qualità giornalistica.

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