- L’inchiesta sulla Mafia capitale, come l’ha chiamata la giudice per le indagini preliminari Flavia Costantini, è enorme. In primo luogo per le sue ramificazioni e per la quantità di persone coinvolte. Ma non è sorprendente, anzi pare confermare molti dei peggiori luoghi comuni sui politici che rubano e sui partiti che sono tutti uguali. E proprio per questo potrebbe avere un impatto elettorale minimo, almeno sul lungo periodo.
- Anche se Matteo Renzi non è in nessun modo coinvolto, lo sono diversi esponenti del suo partito: Mafia capitale segna una rottura difficile da sanare senza cambiare la classe dirigente del Partito democratico, che ha raggiunto forse il punto più basso del suo rapporto con gli elettori di sinistra.
- La rete di intrecci tra politica e corruzione svelata dall’inchiesta rappresenta in qualche modo l’esasperazione dell’idea berlusconiana dello stato come bene privato e della razzia come strumento e fine ultimo del potere, senza neanche la parvenza di un progetto politico.
- È, infine, la profezia di Bettino Craxi che si autoavvera, quella annunciata nel discorso alla camera del 3 luglio del 1992, quando il segretario del Partito socialista ammise l’esistenza di un sistema illecito di finanziamento dei partiti e chiamò in causa tutti gli altri, parlando di “una rete di corruttele grandi e piccole, tanto estesa e ramificata da legittimare un vero e proprio allarme sociale”, e aggiungendo: “Se gran parte di questa materia deve essere considerata puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale”.
- La speranza è che prima o poi i cittadini decidano che la priorità va data alla difesa dei più deboli, alla solidarietà, alla giustizia, ed esprimano una classe politica adeguata.
Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2014 a pagina 7 di Internazionale, con il titolo “Speranza”. Compra questo numero | Abbonati
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