Mark Zuckerberg ha scritto un manifesto. S’intitola Costruire una comunità globale. L’ha pubblicato su Facebook la scorsa settimana ed è una lettura interessante: spiega in che modo la sua azienda vuole aiutare le persone a costruire comunità solidali, sicure, informate, impegnate e inclusive. Sembra il programma di un’azienda editoriale con obiettivi giornalistici, ha scritto Adrienne LaFrance sull’Atlantic. Ma Facebook non è, e dice di non voler essere, un’azienda editoriale. Per questo il manifesto di Zuckerberg deve suonare come un allarme per tutti i mezzi d’informazione.
Facebook si basa sul fatto che i contenuti sono prodotti gratuitamente dagli utenti, che di questi contenuti sono anche il pubblico, quindi i destinatari della pubblicità: sono manodopera gratuita e al tempo stesso target pubblicitario. Gli unici contenuti che non sono prodotti dagli utenti sono forniti – sempre gratuitamente – dai mezzi d’informazione. Che però sono forse la principale vittima del successo di Facebook.
L’anno scorso Google e Facebook hanno raccolto circa l’85 per cento di tutta la pubblicità online del mondo. L’azienda di Zuckerberg ha chiuso il 2016 con un utile netto di 10,2 miliardi di dollari (come il pil del Nicaragua), di cui il 97 per cento proveniente dalla pubblicità. Facebook ha 1,9 miliardi di utenti.
Per dare un ordine di grandezza, il quotidiano più diffuso del mondo, il giapponese Yomiuri Shimbun, vende nove milioni di copie al giorno. Tre importanti reti televisive statunitensi, Cnn, Fox News e Msnbc, raggiungono insieme 3,1 milioni di persone nella fascia di maggiore ascolto. In Italia Facebook ha 28 milioni di utenti attivi al giorno. Tutti i quotidiani italiani messi insieme vendono ogni giorno 2,9 milioni di copie e in una qualunque serata i principali telegiornali delle reti pubbliche e private raggiungono sedici milioni di telespettatori.
Zuckerberg ha detto che Facebook deve costruire “infrastrutture sociali per le comunità”. E cosa sono, o dovrebbero essere, i mezzi d’informazione se non anche questo? Facebook ha già sottratto ai mezzi d’informazione i soldi della pubblicità, ora vuole prendere il loro posto nella società. È possibile che Mark Zuckerberg non abbia intenzione di uccidere il giornalismo, dice LaFrance. Ma questo non vuol dire che non lo farà.
Questa rubrica è stata pubblicata il 24 febbraio 2017 su Internazionale. Compra questo numero | Abbonati
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