Succede anche al papa. In un tweet del 14 maggio, in inglese, gli è scappato un refuso. “Let us spray for the miners who died in Turkey”, ha scritto. Quello che voleva essere un appello a pregare per i minatori morti in Turchia (let us pray, preghiamo), per colpa di una s di troppo si è trasformato in una frase senza senso (let us spray, spruzziamo).
Con più di tredici milioni di follower, l’account di Francesco, @Pontifex, è il più seguito del mondo dopo quello di Barack Obama, che supera i 43 milioni. A differenza del presidente degli Stati Uniti, però, il papa twitta in nove lingue: spagnolo (5,7 milioni di follower), inglese (4,05 milioni), italiano (1,71 milioni), portoghese (1,04 milioni), francese (270mila), latino (249mila), polacco (226mila), tedesco (190mila), arabo (128mila).
Il tweet con il refuso è stato cancellato dopo alcuni minuti, e corretto con un nuovo tweet. Ma nel frattempo era stato ritwittato centinaia di volte. L’infallibilità papale non vale nel mondo digitale, ha commentato qualcuno. Chissà se Francesco ha pensato alle parole di un suo predecessore, che nell’ottobre del 1978, affacciandosi per la prima volta al balcone di San Pietro, si rivolse ai fedeli con un umile: “Se mi sbaglio, mi corrigerete”. Peccato che ai tempi di Giovanni Paolo II non c’era Twitter.
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