“Ultimamente sento adoperare ‘piuttosto che’ al posto di ‘oppure’”, ci scrive Martina Melato. “Ma è corretto?”. Cara Martina, no! Questo uso scorretto ha cominciato a diffondersi già dagli anni ottanta, di pari passo con gli anatemi di linguisti, scrittori e appassionati della lingua. È diventato perfino il titolo di un libro, di Valeria Della Valle e Giuseppe Patota (Sperling & Kupfer 2014).

A quanto pare viene dal Norditalia, si è propagato soprattutto con l’aiuto della tv e della pubblicità, e ormai lo usa un sacco di gente, giornalisti compresi, magari con l’idea che serva a darsi un tono. Altri motivi non se ne vedono, visto che crea solo confusione. “Tizio legge Internazionale sul tablet piuttosto che sulla carta”. Secondo la grammatica significa che Tizio legge sul tablet anziché sulla carta, secondo la nuova moda invece significa che lo legge un po’ qui e un po’ lì, indifferentemente.

A chi dobbiamo dare retta? È difficile trovare una risposta definitiva. Le lingue cambiano lentamente e spesso quello che un tempo era considerato un errore finisce per essere accettato. Staremo a vedere. Nel frattempo, fiduciosi, facciamo la guerra al “piuttosto che” disgiuntivo.

Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2014 a pagina 12 di Internazionale, con il titolo “Piuttosto confuso”. Compra questo numero | Abbonati

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