Indica una pausa forte, la fine di un periodo, di una frase, di un intero testo. Tra tutti i segni d’interpunzione, il punto sembra avere la funzione più semplice e basilare: chiudere. Eppure senza punti un testo non potrebbe andare avanti le frasi si susseguirebbero all’infinito ci sentiremmo sopraffatti non avremmo il tempo di respirare farci una domanda soffermarci su quello che abbiamo letto.

Ogni tanto ci serve un punto per fare il punto, per mettere in relazione quello che abbiamo alle spalle con quello che seguirà. Il punto può essere così efficace per connettere frasi e concetti che i giornalisti ne abusano. Un po’ per pigrizia, un po’ per far presa sui lettori. Con un discorso frammentato. Che pungola. Che enfatizza. Un’immagine. Un nome. Il lettore procede. Ma a singhiozzo. Si stanca. Insomma il punto è flessibile, chiude e apre.

Gianni Rodari gli dedicò una filastrocca, Il dittatore:

Un punto piccoletto, / superbioso e iracondo / ‘dopo di me – gridava – / verrà la fine del mondo!’ / Le parole protestarono: / ‘Ma che grilli ha pel capo? / Si crede un Punto-e-basta, / e non è che un Punto-e-a-capo’. / Tutto solo a mezza pagina / lo piantarono in asso, / e il mondo continuò / una riga più in basso.

Questa settimana Le correzioni finiscono con un punto e a capo. Continuano sul sito di Internazionale.

Questa rubrica è stata pubblicata il 13 marzo 2015 a pagina 10 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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