Sull’ultimo numero della rivista Foreign Affairs c’è un articolo di Matthew Kroenig intitolato: “È ora di attaccare l’Iran. Perché colpire sarebbe il male minore”, e una serie di altri suggerimenti su come arginare la minaccia iraniana. I mezzi d’informazione continuano a considerare probabile un attacco israeliano. Washington esita, ma lascia aperta la possibilità di un’aggressione e quindi continua a violare lo statuto delle Nazioni Unite, che è la base del diritto internazionale. Con il crescere della tensione aleggia nell’aria l’inquietante eco dei preparativi per le guerre in Afghanistan e in Iraq, a cui si aggiunge la retorica della campagna per le primarie repubblicane negli Stati Uniti.
Il timore di un “pericolo imminente” viene spesso attribuito alla “comunità internazionale”, in realtà solo gli alleati di Washington hanno questa paura: il resto del mondo vede le cose in un altro modo. Cina e Russia sono contrarie alla politica degli Stati Uniti verso l’Iran, come l’India, che ha annunciato di voler aumentare gli scambi commerciali con Teheran. La Turchia segue la stessa strada. Gli europei considerano Israele la principale minaccia alla pace mondiale. Nel mondo arabo l’Iran non è amato, ma solo una piccola minoranza degli arabi lo considera pericoloso, mentre la maggioranza diffida di Israele e degli Stati Uniti e ritiene che la regione sarebbe più sicura se l’Iran fosse in possesso di armi atomiche.
Alcuni osservatori statunitensi esprimono da tempo le loro preoccupazioni anche per l’arsenale nucleare israeliano. Il generale Lee Butler, ex capo del comando strategico degli Stati Uniti, ha definito le atomiche israeliane “estremamente pericolose”. In una rivista dell’esercito il comandante Warner Farr ha scritto che “uno degli scopi delle armi nucleari di Israele, del quale non si parla spesso, è la possibilità di ‘usarle’ contro gli Stati Uniti”, presumibilmente per assicurarsi che continuino ad appoggiare la sua politica. In questo momento la preoccupazione principale è che Tel Aviv cerchi di provocare qualche azione da parte dell’Iran per spingere gli Stati Uniti a un attacco.
Nel frattempo le sanzioni dell’occidente contro l’Iran stanno ottenendo il solito risultato, quello di provocare una carenza dei generi alimentari di base, non per i religiosi al potere ma per la popolazione. E potrebbero avere le stesse conseguenze di quelle imposte all’Iraq, che rafforzarono Saddam Hussein e furono definite “genocide” dagli stessi diplomatici dell’Onu che dovevano applicarle e che si dimisero per protesta. Si discute poco dei motivi per cui l’Iran dovrebbe essere considerato pericoloso, anche se un’opinione autorevole sul tema ci è stata fornita dagli stessi servizi segreti militari statunitensi. Nel loro intervento al congresso hanno lasciato intendere che Teheran non costituisce una minaccia a livello militare. Non ha un grande esercito e la sua strategia è essenzialmente difensiva, diretta soprattutto a scoraggiare un’eventuale invasione. Se l’Iran sta costruendo armi atomiche (il che è ancora da provare), questo farebbe parte della sua tattica dissuasiva.
Un’altra accusa che l’occidente lancia a Teheran è quella di cercare di estendere la sua influenza sui paesi vicini attaccati e occupati da Stati Uniti e Gran Bretagna, e di appoggiare la resistenza all’aggressione israeliana in Libano – aggressione appoggiata dagli angloamericani – e all’occupazione illegale dei Territori palestinesi. Come il suo tentativo di evitare un attacco da parte dei paesi occidentali, anche questa strategia dell’Iran è considerata un’insopportabile minaccia “all’ordine globale”.
Ma la maggior parte degli esperti concorda sul fatto che l’ideale sarebbe se non ci fossero armi di distruzione di massa nei paesi del Medio Oriente, compresi l’Iran, Israele e possibilmente anche le altre due potenze asiatiche che si sono rifiutate di firmare il Trattato di non proliferazione: l’India e il Pakistan, dove, come in Israele, i programmi nucleari sono stati realizzati con il sostegno di Washington. Ma con tutto il chiasso che si sta facendo sull’Iran, l’opzione di una zona denuclearizzata in Medio Oriente sembra essere stata messa da parte.
Eppure sarebbe il modo migliore per affrontare la minaccia nucleare nella regione, che per la “comunità internazionale” è costituita dal programma nucleare iraniano e per buona parte del resto del mondo è rappresentata dall’unico stato in possesso di armi atomiche con una lunga storia di aggressioni e dalla superpotenza che lo protegge.
Nessuno ricorda agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna che dovrebbero dedicare tutti i loro sforzi a realizzare l’obiettivo di un Medio Oriente senza armi nucleari. Furono proprio Londra e Washington, tentando di giustificare legalmente l’invasione dell’Iraq, a invocare la risoluzione 687 del Consiglio di sicurezza dell’Onu del 1991, sostenendo che Baghdad la stava violando. Quella risoluzione impegna esplicitamente i suoi firmatari a costruire una zona libera dalle armi di distruzione di massa in Medio Oriente.
*Traduzione di Bruna Tortorella.
Internazionale, numero 939, 9 marzo 2012*
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it