L’estate scorsa sono caduto in una trappola nella quale, come ho scoperto in seguito, cadono molti di quelli che comprano online. Cercando di proteggere dalla luce del sole la stanza di un piccolo essere umano le cui notti cominciano prima che faccia buio, mi sono imbattuto in un tipo di tenda che prometteva di rimanere attaccata alla finestra come per magia (anche se in realtà si trattava di elettricità statica).

Ho letto tutta una serie di commenti, ma la valutazione che emergeva alla fine la dava come un prodotto mediocre per via del fatto che, in molti casi, non rimaneva affatto attaccato. Eppure, a livello semicosciente, mi sono fatto l’idea che un prodotto comprato da tante persone non poteva essere così scadente.

Purtroppo, invece, lo era. Per quello che l’ho pagato, avrei potuto attaccare due sacchi per la spazzatura sui vetri con lo scotch e spendere quello che rimaneva per comprare una buona bottiglia di whisky da sorseggiare nei 45 minuti che ho a disposizione la sera tra quando il bambino va a letto e quando mi addormento io, cosa che succede regolarmente quando mi sveglio presto come in questi giorni.

Quantità e qualità
L’unica consolazione è stata leggere un articolo appena pubblicato su Psychological Science secondo cui si tratta di un pregiudizio molto comune: ci influenza di più il numero di persone che hanno scelto un prodotto che quello delle persone che ne sono rimaste soddisfatte.

Lo psicologo di Stanford Derek Powell e i suoi colleghi hanno mostrato ai soggetti del loro esperimento alcune coppie di prodotti che avrebbero potuto trovare su Amazon: uno aveva un punteggio scarso basato su molte recensioni, l’altro lo aveva altrettanto scarso ma basato su poche recensioni. E regolarmente le persone sceglievano il prodotto con più recensioni.

Dal punto di vista statistico, questo non ha senso: più è alto il numero delle recensioni su cui si basa un punteggio basso, maggiori sono le probabilità che il prodotto sia veramente scadente.

Le cose che ci vengono proposte più spesso finiscono per piacerci di più

È la “legge dei grandi numeri”: se chiedete a mille persone di indovinare quante gelatine ci sono in un barattolo, la media delle loro risposte sarà paurosamente vicina alla verità; se lo chiedete a tre persone, probabilmente non sarà così. Perciò, se siamo costretti a decidere tra due prodotti, faremmo meglio a scegliere quello che ha meno recensioni, perché ci sono più probabilità che le persone alle quali non è piaciuto siano casi sporadici e che la vostra esperienza non sarà negativa come la loro.

Questo fenomeno è legato in qualche modo al cosiddetto effetto esposizione, secondo il quale le cose che ci vengono proposte più spesso finiscono per piacerci di più, a parità di meriti e indipendentemente da qualsiasi altro motivo per sceglierle o non sceglierle. Questo è il motivo per cui gli spot pubblicitari irritanti funzionano: indubbiamente ci infastidiscono, ma proprio per questo li noteremo di più, e a forza di notarli il prodotto che pubblicizzano ci piacerà.

A giudicare da entrambi questi fenomeni, sembra che siamo fatti per trovare rassicurante, almeno a livello viscerale, la pura e semplice quantità (di recensioni, di spot pubblicitari). Ci vuole un ragionamento cosciente per capire, nel caso degli acquisti online, che più sono le persone che hanno comprato un prodotto più dovremmo fidarci del loro giudizio, e non dovremmo comprarlo se sono rimaste insoddisfatte.

Questo, e nel mio caso non è stata solo una coincidenza, è il tipo di ragionamento che è più difficile fare quando si è stanchi.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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