A metà degli anni settanta, quando assunse un incarico in un’università brasiliana, lo psicologo statunitense Robert Levine sapeva che lo aspettava un ritmo di vita diverso. Ma non aveva idea di quanto sarebbe stato diverso.
Più tardi avrebbe scritto che era stato “uno shock culturale che non avrebbe augurato neanche a un dirottatore”. La mattina delle sua prima lezione, prevista alle 10, gli studenti continuarono ad arrivare fino alle 11. Il giorno dopo, il capo del suo dipartimento arrivò alle 11.45 a una riunione programmata per le 11, gli offrì un caffè e poi se ne andò, spiegandogli che era sua abitudine fissare più riunioni alla stessa ora del giorno.
I brasiliani erano sconcertati dalla puntualità di Levine, e ancora di più dal suo nervosismo quando ritardavano. “La frase che mi sentivo ripetere più spesso dai miei rilassati ospiti era ‘Calma, Bobby, calma’”. Per quanto provasse a rallentare i suoi ritmi, non era mai lento abbastanza.
Ricchezza e velocità
Levine, che è morto lo scorso giugno, provava un contagioso piacere a osservare la varietà cacofonica dei comportamenti umani, e il tempo era una sua ossessione. Nel 1999, misurando la velocità con cui camminavano le persone nelle diverse parti del mondo, scoprì che gli abitanti di Dublino camminavano più in fretta dei londinesi, i quali a loro volta erano più veloci dei newyorchesi.
Un risultato sorprendente che conferma quelli di altri studi, dai quali sembra emergere che la crescita economica potrebbe influire sulla velocità con cui una persona cammina. All’epoca l’Irlanda era in pieno boom economico, mentre i brasiliani erano quelli che camminavano più lentamente.
Non è tanto che i brasiliani non rispettano gli orari, è che rispettano altri criteri
Per le persone ansiose come me è quasi impossibile non interpretare l’atteggiamento dei brasiliani nei confronti del tempo come una forma di lassismo, anche se invidiabile. Ma questo giudizio maschera il presupposto indiscusso che essere puntuali sia la norma e che le diverse culture la rispettino o la ignorino a vari livelli.
Tuttavia, la cosa strana del principio di puntualità è che implica la costruzione mentale di una sequenza temporale astratta alla quale poi si cerca di far aderire la realtà. L’alternativa, spesso scambiata per pigrizia, segue quello che gli studiosi chiamano “orientamento al compito”, mentre Levine lo chiama “tempo degli eventi”, in cui il ritmo della vita è determinato dalle attività che si devono svolgere. Non è tanto che i brasiliani non rispettano gli orari, è che rispettano altri criteri.
Vedere il tempo in altro modo
È facile idealizzare la vita orientata al compito, ma il punto non è che gli orari e la puntualità sono sbagliati, dato che sono essenziali per innumerevoli aspetti della vita, che la maggior parte di noi definirebbe parte del progresso.
Per noi fissati con gli orari è liberatorio anche solo renderci conto del fatto che potrebbe esistere un altro modo di vedere il tempo, perché ci aiuta a capire quando stiamo esagerando sul suo “buon uso”.
Questo è il messaggio della storiella dell’uomo d’affari newyorchese in vacanza in Brasile che cerca di insegnare a un giovane del posto il segreto del successo. Invece di sprecare la vita a pescare, bere e ascoltare musica con gli amici, dice il newyorchese, il ragazzo dovrebbe ingrandire la sua attività di pesca, assumere dipendenti, guadagnare milioni e alla fine andare in pensione per poter passare le giornate a pescare, bere e ascoltare musica con gli amici.
L’idea di “usare bene il tempo” rischia di trasformare ogni momento in un mezzo per realizzare obiettivi futuri, un modo di fatto terribile di usare il tempo.
(Traduzione di Bruna Tortorella)
Consigli di lettura
Il libro di Robert Levine Una geografia del tempo esplora le diversissime “logiche temporali” nelle varie culture del mondo.
Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.
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