1. Kid Cudi, Pursuit of happiness (feat. Mgmt & Ratatat)

Un sacco di spacciatori, questa settimana: il crack spacciato per antidepressivo, apparizioni tv spacciate per atti di contrizione, il perdono e l’esclusione spacciati per metodi di management mediatico. Tanto vale tirarsi su con il mantra semplice di questo nuovo Kid venuto da Cleveland per diventare un fenomeno: “I’m on the pursuit of happiness and I know everything that shines ain’t always gonna be gold. I’ll be fine once I get it; I’ll be good”. Banale, ma detto con l’anima: luccica, non è sempre oro, e basta rendersene conto.

**2. KarkaDan,* Ethnicity***

Sempre in quota “giovani fenomeni hip-hop”, c’è anche questo tunisino del mondo sbarcato a Milano, che si fuma basi dance rappando arabo, ma anche italiano inglese francese. Il suo primo album, Karkadance, è un mixage rutilante, pieno di riferimenti all’attualità migrante (dal caporalato mafiosetto del sud alla leggendaria immortalità dei cinesi), di pacifiche rivendicazioni identitarie (Ana tunzi!), di impulso liberatorio a perseguire la felicità anche a costo di finire in balera (Discoteque!) senza neanche un aiutino di redbull e vodka.

3. Grandmaster Melle Mel, White lines

Freebase! Era l’entusiasmo giovanile del rap, era il 1983, era forse il primo successo hip-hop in cui si parlava esplicitamente della drug scene americana. Il ritmo a presa rapida (spinto da un riff di basso prelevato di peso da Cavern dei Liquid Liquid), il groove e l’entusiasmo generale (che emergono anche in mezzo a tante altre pepite d’oro dell’ultimo trentennio rap raccolte sulla recente compilation Universal Hip to the hop) facevano pensare a un festino antidroga molto molto riuscito, in quel di Noo Yawk.

Internazionale, numero 833, 12 febbraio 2010

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it