1. Ciccio Merolla, Arabian groove

Ma il Mediterraneo si può sgretolare? Quanti barconi disperati devono approdare per rendere l’idea? Ciccio Merolla lo sa, e lo scandisce nel suo “rapoletano” stretto, nel vibrante nuovo album Fratammè: si sente più vicino al tunisino che al milanese. E oltre quest’apertura con fusione a caldo tra suq e quartieri spagnoli, ci sono storie di pitbull e di assessori, anime migranti e soldi mancanti, e miserie e disgraziati al sud e sense of humour (Mostro, parafrasi partenopea di Mina quando cantava: come sono brava). Eh sì, bravo.

2. Patrizia Laquidara e Hotel Rif, Dormi putìn

Uno pensa subito al lettone, invece è una dolcissima ninna­nanna del nordest dal nuovo lavoro della cantante sicula residente a Vicenza. Il folk veneto rivisitato non è un piatto facile: non ci sono pomodori e mozzarelle ma solo ballate saporite, intessute di venti balcanici, di terre dure e fredde con cui combattere. A tratti si crede d’intuire una parentela con Goran Bregović, e ci sono anche le canterine del Feo, formazione vocale di ultrasettuagenarie che stanno a questa musica animata come le voci bulgare a Ederlezi.

3. Joan as Police Woman, The magic

Anche nel suo nuovo album la chanteuse americana attinge, forse, a una tradizione popolare: la grande musica dei telefilm americani anni settanta, il lavorìo di pianoforte elettrico nei vecchi album di Stevie Wonder, tutta quella soul funkiness impossibile da contenere in una scatola di latta dei ricordi. Come uno dei suoi compagni preferiti, Rufus Wainwright, Joan continua a muoversi nel presente su quegli stessi scatti nervosi alla Starsky & Hutch. È in questo trasporto funky, Joan ammalia come una sirena, nel senso poliziottesco del termine.

Internazionale, numero 885, 18 febbraio 2011

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