1. Hercules & Love Affair, My house

“My house is in order”: chi l’avrebbe mai detto che la house music avrebbe portato a termine relativamente indenne la sua lunga traiettoria, da baccano per capannoni a musica per ambulatori di chirurgia estetica sul lago di Garda. Questo pezzo campa sugli stessi rimbalzi four-to-the-floor che mandano avanti la baracca dei beat elettronici da un quarto di secolo; sembra di stare al King’s di Bormio nel 1985, con fuori tutti i gipponi Renegade dei paninari parcheggiati nella neve. Ormai, è puro comfort food da meditazione.

2. Yelle, Safari disco club

Ci vogliono porzioni generose di faccia tosta, e gli Inrockuptibles in saccoccia, per far fare figuroni da intellettuali di ricerca a tre bretoni che hanno avuto troppo maltempo per andare a pescare, e si sono invece rintanati nelle loro mansarde a ripescare suoni dispersi in fondo a vecchi sequencer. “Les animaux dancent dans le Safari disco club” è puro Plastic Bertrand barriccato in botti di debosciatezza froufrou parigina; ma quello che venticinque anni fa era dispersione di energia ignorante, oggi è pavoneggiamento intellò.

3. Kanye West feat. Jay-Z, H.A.M.

Che bello essere Lex Luger, teppistello della Virginia che ha imparato a fabbricare basi sulla Playstation con Beat Generator, e adesso è il producer più crasto della plaza hiphop. Se si è fatto notare perfino da Kanye West una ragione c’è. Rispetto agli esercizi minimal di house Ikea in circolazione, questo pezzone poderoso sembra un ardito villone camorrista che s’impossessa del paesaggio scrauso, dice “ehi, a me Scarface mi fa una pippa”, ed esplode in un turbine di techno tedesca, canti gregoriani e beat come bastonate.

Internazionale, numero 887, 4 marzo 2011

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