Disperati e senza prospettive alcuni contrabbandieri si mettono a cercare l’oro scavando tra le sabbie del deserto che di solito attraversano portando un’altra merce: esseri umani. Può sembrare la trama di un film di fantascienza alla Dune o di una distopia alla Mad Max. Invece è la premessa di 2g, un documentario di Karim Sayad, un giovane regista svizzero d’origine algerina, che la settimana scorsa si è aggiudicato il premio principale del Siciliambiente film festival di San Vito lo Capo, in provincia di Trapani. Il festival si è concluso il 20 luglio scorso e vi ho partecipato nella posizione privilegiata di componente della giuria.
Il documentario di Sayad, realizzato intorno al 2021 nel deserto al confine tra Niger e Libia (non poi così lontano da quello in cui, tanto tempo fa, cominciava la saga di Luke Skywalker) adotta alcuni elementi cinematografici. Intanto ribalta il punto di vista. Anche comprensibilmente, siamo abituati a pensare ai trafficanti di esseri umani come criminali. Qui sono invece presentati per quello che sono: ingranaggi che non fanno neanche più parte di un meccanismo. Nessuno vuole assolvere i trafficanti, ma la fiction non ci ha più volte spinto a simpatizzare con criminali, pirati e killer, al punto di idealizzarli?
Il bello di far parte di una giuria – oltre ai tanti aspetti umani come entrare, anche se solo per pochi giorni, nella comunità che si crea intorno a questi eventi, o come confrontarsi con gli altri giurati (nel mio fortunato caso l’attrice Donatella Finocchiaro e il regista Davide Gambino) – è che bisogna concentrarsi sulla visione dall’alto: le opere vanno osservate singolarmente, ma valutate anche nel loro insieme.
Sarà anche perché il festival è arrivato alla sedicesima edizione, ma la selezione curata dal direttore Antonio Bellia insieme a Noemi La Barbera mi è sembrata illuminante. Oltre a farmi conoscere delle realtà contingenti, impensabili, lontane o anche drammaticamente prossime, gli otto documentari del concorso, nel loro insieme, offrono una varietà di linguaggi e punti di vista utili a capire il mondo in cui viviamo, immaginare quello che ci aspetta e pensare quali possono essere gli strumenti utili per affrontare un futuro che, dal punto di vista dell’ambiente, appare più che mai complicato.
Bottlemen di Nemanja Vojinović racconta la vita quotidiana dei raccoglitori di bottiglie di plastica, che scavano tra i rifiuti di una discarica alla periferia di Belgrado, una delle più grandi d’Europa. Impossibile non riconoscere alcuni scorci tristemente familiari nelle distese di spazzatura, nell’onnipresenza dei gabbiani, nei fumi tossici degli incendi spontanei che si levano dalle montagne di immondizia, oscurando il cielo.
E che dire del destino dei nenets, popolo nomade che vive allevando le renne nelle distese desolate della penisola Jamal, nella Siberia nordoccidentale, raccontato nel meraviglioso documentario di Sergio Ghizzardi, Nenets Vs Gas. Il loro stile di vita ancestrale, dettato dall’equilibrio con una natura difficile, è calpestato dall’onnipotenza della Gazprom. Forse è difficile mettersi nei panni dei nenets, anche se alla fine siamo tutti vittime della sfrenata corsa al profitto delle multinazionali.
Infine in Bangarang di Giulio Mastromauro, passiamo un’oretta in compagnia dei bambini cresciuti all’ombra delle ciminiere dell’Ilva di Taranto, esposti al degrado e a un alto rischio di ammalarsi. Guardandoli è chiaro che il tempo delle denunce e dei dibattiti è scaduto.
Per adesso i film passati al Siciliambiente non sono facilmente reperibili. Improbabile una distribuzione nelle sale. E per un eventuale passaggio in tv o nelle piattaforme bisognerà aspettare che finiscano i rispettivi tour in giro per i festival di tutto il mondo. Il che ci fa apprezzare manifestazioni come quella creata e diretta da Antonio Bellia. I piccoli festival indipendenti sono una linfa fondamentale non solo per la circolazione delle opere, ma anche per quella delle idee.
Secondo me, sul lungo termine, contribuiscono anche alla formazione di un pensiero comune e quindi alla coesione della società. Sono quindi troppo preziosi per lasciarli in balia dei contributi pubblici, della dipendenza dagli sponsor, al momento fonte insostituibile di finanziamento. Anche qui servono idee nuove. Io non ho ancora avuto illuminazioni, ma anche su questa riflessione è più che mai utile il contributo di tutti.
Questo testo è tratto dalla newsletter Schermi.
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