Esiste un altro virus nell’aria, e che si trasmette tra le persone: è il virus del nazionalismo.

Il discorso di Donald Trump, che nella notte tra l’11 e il 12 marzo ha sorpreso gli europei annunciando la sospensione unilaterale dei voli provenienti dallo spazio Schengen, ne è la prova lampante. Colto in flagrante dopo aver minimizzato per settimane l’epidemia di coronavirus paragonandola a una semplice influenza, il presidente degli Stati Uniti ha reagito come sempre, cercando un capro espiatorio: la Cina, l’Unione europea…

Gli Stati Uniti hanno tutto il diritto di adottare misure precauzionali, ma il fatto che Trump agisca senza la minima concertazione – “fa perdere tempo”, ha spiegato il 12 marzo – e che abbia imposto una distinzione arbitraria tra il Regno Unito e il resto d’Europa nonostante Boris Johnson abbia ammesso che il suo paese è pesantemente colpito, non fa che trasformare annunci relativi alla sanità pubblica in un patetico spettacolo politico.

Evidentemente Trump è già in campagna elettorale ed è incapace di agire in modo “presidenziale”. Soprattutto il presidente ha nascosto la sua totale impreparazione dietro lo slogan “Make America great again” applicato alla medicina: “Abbiamo il miglior sistema sanitario del mondo”, ha annunciato. Il problema è che questo sistema sanitario funziona solo per chi se lo può permettere. È significativo che Joe Biden, suo probabile rivale alle elezioni di novembre, abbia scelto giustamente di “presidenzializzare” il suo intervento sul coronavirus del 12 marzo, come se volesse chiedere agli elettori chi tra lui e Trump ritengano più adatto a proteggerli.

Questa epidemia rappresenta una grave crisi sanitaria, ma è anche un test politico decisivo per molti

Il problema è che Trump non è l’unico ad avere un atteggiamento simile. Purtroppo questa epidemia non ha fatto sparire le rivalità ideologiche, le macchinazioni politiche e le concorrenze sistemiche.

La Cina, che sta cercando di far dimenticare le menzogne iniziali sull’epidemia a Wuhan, è passata all’offensiva sfruttando il suo successo relativamente rapido nel contenimento della malattia. Il 12 marzo Zhao Lijian, portavoce degli affari esteri a Pechino, ha insinuato in un tweet che il virus potrebbe essere stato introdotto in Cina dall’esercito statunitense, riprendendo una teoria del complotto che speravamo fosse limitata ai social network.

La Cina sfoggia il suo aiuto nei confronti dell’Italia, con maschere, sistemi respiratori ed esperti medici inviati per assistere un paese europeo che non ha ricevuto molto aiuto dall’Europa.

Questa epidemia rappresenta una grave crisi sanitaria, ma è anche un test politico decisivo per molti. Trump si gioca la sua rielezione, le democrazie europee dovranno dimostrare di essere all’altezza delle aspettative della popolazione, l’Europa dovrà confermare la sua ragion d’essere e la Cina, infine, avrà l’occasione di far capire a tutti di essere ormai la potenza che stabilisce i tempi.

È troppo presto per tirare le somme, ma è importante considerare questo contesto quando osserviamo il teatro dei potenti, perché di sicuro i potenti ne tengono conto affrontando questa crisi inedita.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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