Gli ultimi giorni del 2024 sono stati accompagnati da due scene tragiche. La prima è la fotografia di un uomo in camice bianco che cammina tra le macerie dei palazzi sventrati, avanzando verso due enormi carri armati che bloccano la strada.

È il dottor Hussam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, situato nel nord della Striscia di Gaza e attaccato dall’esercito israeliano. Il medico è stato arrestato il 27 dicembre e da allora non si hanno più notizie di lui.

La seconda scena è un video girato dopo l’attacco contro l’ospedale, in cui pazienti, personale e famiglie vengono costretti a evacuare la struttura in fila tra due file di blindati israeliani. Gli uomini indossano solo le mutande e tengono le braccia alzate, diretti verso un destino sconosciuto. Israele ha arrestato 240 persone all’interno dell’ospedale.

Queste immagini sconvolgenti raccontano perfettamente la guerra israeliana a Gaza che va avanti da 14 mesi, come rappresaglia per l’attacco del 7 ottobre da parte di Hamas nel sud di Israele. Una guerra che non rallenta nonostante gli oltre 45mila morti, secondo le cifre comunicate delle autorità sanitarie palestinesi. La settimana scorsa i nuovi negoziati per la liberazione degli ostaggi e la definizione di un cessate il fuoco sono falliti per l’ennesima volta.

Israele sostiene che gli ospedali (nel giro di 48 ore ne sono stati attaccati tre) siano centri di comando di Hamas. In questi casi il diritto internazionale consente di attaccare gli edifici, solitamente protetti, ma il problema è che l’esercito israeliano non ha mai fornito le prove di queste accuse: i pochi video che mostrano alcune armi da fuoco sono chiaramente insufficienti. Gaza, intanto, resta ancora inaccessibile alla stampa, un fatto che rende impossibile qualsiasi conferma indipendente.

La reazione dell’Organizzazione mondiale della sanità è stata categorica: l’agenzia delle Nazioni Unite ha condannato lo “smantellamento sistematico del sistema sanitario di Gaza, che costituisce una condanna a morte per decine di migliaia di palestinesi che hanno bisogno di cure”, chiedendo la fine “di questo orrore”.

A questo punto viene da chiedersi quale sia l’obiettivo della guerra di Israele e il motivo per cui l’offensiva vada avanti nonostante il capo di Hamas Yahya Sinwar sia stato ucciso e Gaza sia ridotta a un tappeto di rovine.

Sappiamo che lo stato ebraico vuole mantenere una presenza militare per diversi anni, restando al controllo dell’area al confine con l’Egitto, ma evidentemente questo non costituisce un piano per il “dopo”, quando finalmente si deporranno le armi. Chi amministrerà Gaza? Chi ricostruirà i centri abitati? Qual è la visione a lungo termine? Sono domande che restano senza risposta.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si mantiene volontariamente vago, anche perché l’estrema destra che fa parte della sua coalizione vorrebbe ricolonizzare Gaza mentre gli alleati statunitensi si oppongono, almeno fino al 20 gennaio, quando Donald Trump arriverà alla Casa bianca.

Cosa accadrà dopo? Tutto lascia pensare che Netanyahu stia approfittando di queste ultime settimane, in cui ha mano libera per completare la distruzione della Striscia di Gaza. Nessuno, in Europa o negli Stati Uniti, ha reagito alle scene apocalittiche dell’ospedale Kamal Adwan.

Il primo ministro israeliano rivaluterà la propria politica dopo il 20 gennaio, con un amico alla guida degli Stati Uniti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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