Alla fine il Cremlino ha applicato la sua logica repressiva e ha condannato Alexej Navalnyj a una pena carceraria molto dura. L’oppositore russo, già vittima di un tentato omicidio l’estate scorsa, passerà due anni e otto mesi in prigione per un motivo futile: non si è presentato a un commissariato russo quando era in convalescenza in Germania dopo che avevano tentato di avvelenarlo.

La decisione della giustizia russa, estremamente politica, è uno schiaffo alle decine di migliaia di manifestanti che negli ultimi due fine settimana hanno sfilato in più di cento città della Russia, ma anche agli occidentali che hanno chiesto con decisione la scarcerazione di Navalnyj. Alcuni diplomatici stranieri hanno perfino assistito al processo del 2 febbraio a Mosca, spingendo il portavoce del Cremlino a parlare di “ingerenza”.

Per eliminare quello che si è ormai imposto come il suo rivale principale, Vladimir Putin è pronto a pagare il prezzo di un ulteriore deterioramento dei rapporti con gli occidentali. In realtà le relazioni della Russia con l’occidente non si sono mai riprese dopo la crisi ucraina e in particolare dopo l’annessione della Crimea nel 2014, seguita da diverse sanzioni.

Il peso del gasdotto Nord stream 2
Due giorni fa, ai microfoni di France Inter il segretario di stato francese agli affari europei Clément Beaune ha dichiarato a Léa Salamé che la Francia è favorevole all’abbandono del progetto del gasdotto Nord stream 2 tra la Russia e la Germania. Questa breve frase ha fatto scalpore nei circoli diplomatici europei.

Nord stream 2 è un progetto colossale, un gasdotto di 1.230 chilometri dal costo di circa dieci miliardi di euro, proprietà del gruppo russo Gazprom ma finanziato per metà da cinque gruppi europei, tra cui il francese Engie. La costruzione è quasi terminata: restano meno di 120 chilometri da coprire, in ritardo sulla tabella di marcia a causa delle sanzioni statunitensi.

Sospendere il gasdotto sarebbe l’unica decisione di peso nei confronti di Mosca

La Germania, destinataria del gas russo, è sotto pressione perché abbandoni il progetto. Questa sarebbe l’unica sanzione di peso nei confronti della Russia. Tutto il resto è nell’ordine del simbolico.

In realtà è poco probabile che la Germania possa rinunciare. La cancelliera Angela Merkel aveva parlato della possibilità di sospendere l’opera l’estate scorsa, quando è scoppiato il caso Navalnyj, per smorzare l’acceso dibattito all’interno della classe politica tedesca.

Il 1 febbraio il capo della diplomazia dell’Unione Josep Borrell, che il 4 sarà a Mosca, ha dichiarato durante un forum online che “non è realistico” immaginare l’abbandono del gasdotto. Borrell ha aggiunto che non sarebbe un “buon biglietto da visita” per il suo viaggio a Mosca. Questo “realismo”, per riprendere le parole di Borrell, mostra il limite delle prese di pozione quando sono in gioco interessi importanti.

La Francia difende questa idea pur sapendo che non andrà a buon fine, senza dubbio perché a Parigi non dispiace dimostrare di non avere intenzione di porre ostacoli all’abbandono del progetto. È anche una risposta alla raffica di critiche che ha colpito Emmanuel Macron quando ha tentato di aprire un dialogo con Mosca nel 2019.

E così Putin può attuare la sua repressione interna, perché sa di essere intoccabile. Questa è la realtà del mondo e dei rapporti di forza in cui ci troviamo, tutto il contrario dello stato di diritto che è stato negato ad Alexej Navalnyj.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Leggi anche:

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it