Che pessimo simbolo! Appena una settimana dopo la ratifica da parte del parlamento europeo dell’accordo tra l’Unione europea e il Regno Unito che regolerà il post Brexit, ecco che torna il tempo delle cannoniere!

L’invio di navi britanniche e francesi attorno all’isola di Jersey ispira più i vignettisti che gli esperti di guerra navale, soprattutto considerando che l’improvviso aumento della tensione coincide con il bicentenario della morte di Napoleone.

A parte l’ironia, è veramente insensato che si arrivi a tanto e che tra paesi alleati si possa ricorrere a navi da guerra per risolvere una divergenza (ampiamente prevedibile) sui diritti di pesca.

Ricordiamo bene che la pesca è stata uno dei temi più complicati dell’interminabile negoziato tra Bruxelles e Londra, con forti risonanze in politica interna su entrambe le sponde del canale della Manica. C’era dunque da aspettarsi che l’applicazione del compromesso imperfetto si scontrasse con una serie di complicazioni. Eppure nessuno, evidentemente, si era preparato, e tra l’altro sembra che non esistessero meccanismi di sicurezza.

La sera del 5 maggio il premier britannico Boris Johnson ha annunciato l’invio di due navi della Royal Navy al largo di Jersey. Lo avrebbe fatto se l’indomani non fossero state in programma alcune elezioni locali e regionali nel Regno Unito? Sospettare il primo ministro di covare retropensieri politici è troppo facile. Johnson è famoso per il suo fiuto politico ma anche per il suo opportunismo.

L’invio delle navi a Jersey è una sorta di guerra delle Malvinas dei poveri, ma è comunque un’occasione da sfruttare per un primo ministro invischiato in una serie di scandali, sia politici sia etici. Johnson sa di poter contare sullo sciovinismo dei tabloid britannici. Sul fronte francese, la minaccia di tagliare l’elettricità a Jersey lanciata dalla ministra per le questioni marittime Annick Girardin non è stata certo più apprezzabile.

Ma al di là di questo episodio poco dignitoso, che si spera possa risolversi rapidamente dopo i primi contatti del 6 maggio tra Parigi e Londra, è giusto porsi qualche domanda.

Segnale di allerta
La prima è chiaramente legata al rispetto del trattato appena ratificato, perché il 6 maggio la Commissione europea ha sottolineato che i britannici hanno infranto i termini dell’accordo. Non è il primo segnale d’allerta, e non lascia presagire niente di buono.

La seconda domanda è sul futuro dei rapporti tra Francia e Regno Unito. È paradossale che questo scontro abbia opposto i due paesi più vicini militarmente, le uniche potenze nucleari d’Europa e gli unici due eserciti abituati a operare in aree lontane, nonché due membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Malgrado la Brexit, Parigi e Londra sembravano voler preservare la qualità dei loro rapporti militari, sia quelli all’interno della Nato sia quelli bilaterali, regolati dagli accordi di Lancaster House del 2010.

Fino a poco tempo fa la Francia confidava che non sarebbe trascorso un solo giorno senza un dialogo tra i due stati maggiori, un rapporto che avrebbe dovuto sopravvivere alla Brexit. Ma è difficile crederlo se alla minima divergenza si inviano le cannoniere. Parigi e Londra devono evitare a ogni costo la ripetizione di queste scene.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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