Lo scandalo è stato ingiustamente battezzato con il nome di “Qatargate”. Ingiustamente perché abbiamo scoperto che non era limitato solo all’influenza del Qatar: anche il Marocco è accusato di aver comprato l’influenza del parlamento europeo.
La vicenda, esplosa la settimana scorsa con l’arresto di quattro persone in Belgio – tra cui una vicepresidente del parlamento, la socialista greca Eva Kailī –, continua a far tremare l’istituzione europea.
L’assemblea reclama maggiori poteri per ottenere una legittimità democratica diretta, ma oggi questa richiesta è minata dalle rivelazioni sulla debolezza del parlamento rispetto alla capacità di potenze straniere d’influenzarlo. La lista degli interessi extraeuropei che vogliono alterare il processo decisionale del vecchio continente è lunga.
Fine delle amicizie informali
Visibilmente scossa, la presidente del parlamento europeo, la maltese Roberta Metsola, ha preso la parola il 14 dicembre davanti ai capi di stato e di governo dei 27 riuniti per un vertice a Bruxelles. Metsola ha promesso riforme importanti affinché, parole sue, “l’istituzione non sia in vendita per attori stranieri che cercano di metterci in difficoltà”.
Il suo piano sarà presentato all’inizio del 2023, ma Metsola ha già annunciato lo scioglimento di tutti i gruppi di amicizia informali con paesi terzi, veri e propri vettori di corruzione “soft”, e il rafforzamento dei sistemi di protezione e di denuncia. Il parlamento europeo, dal canto suo, ha votato nella stessa giornata la sospensione dell’accesso alle strutture europee per i lobbisti del Qatar.
Bisognerà fare uno sforzo etico per far ritrovare la fiducia in una istituzione già giudicata opaca
Matsola ha fatto intendere che tutte le leggi approvate di recente saranno riviste alla luce delle rivelazioni di questo scandalo, sicuramente per rimediare al fatto che alcuni voti potrebbero essere stati influenzati.
Ma bisognerà anche esaminare tutte le pratiche sospette, il ruolo ricoperto dagli ex eurodeputati che si sono trasformati in lobbisti e il mondo non esattamente trasparente delle lobby pubbliche o private, che in alcuni casi effettuano un’opera legittima, ma in altri sono semplicemente strumenti di corruzione.
Dal quotidiano belga Le Soir abbiamo scoperto che Francesco Giorgi, attaché parlamentare italiano e compagno di Eva Kailī, ha già confessato, indicando l’ex eurodeputato socialista Pier Antonio Panzeri come il leader di una rete di influenza legata alla sinistra italiana.
È sempre Giorgi ad aver rivelato che anche il Marocco si è adoperato per fare pressione, in cambio di pagamenti, sugli affari europei. All’origine della manovra ci sarebbero i servizi segreti marocchini, ovvero la Direction générale des études et de la documentation (Dged).
Nella vicenda è stata coinvolta anche una ong belga impegnata nella lotta alle violazioni dei diritti umani e creata nel 2019 da Panzeri, Fight impunity. Del consiglio onorario della ong facevano parte importanti figure, che hanno subito rassegnato le dimissioni. Tra loro si contano l’ex primo ministro francese Bernard Cazeneuve e l’ex responsabile per la politica estera dell’Unione, Federica Mogherini.
Con le elezioni europee in programma tra meno di un anno e mezzo, bisognerà fare uno sforzo etico convincente per spingere i cittadini europei a ritrovare la fiducia in un’istituzione che già in precedenza era giudicata troppo distante e opaca.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it