In quale altra guerra si era mai parlato così tanto e sulla pubblica piazza della consegna di armi ai belligeranti? Il 30 gennaio un giornalista ha chiesto a Joe Biden se abbia l’intenzione di fornire aerei da combattimento F-16 all’Ucraina. Il presidente degli Stati Uniti ha risposto con un secco no. Qualche ora dopo, la stessa domanda è stata rivolta a Emmanuel Macron a proposito degli aerei francesi. “Non esistono argomenti tabù”, ha risposto il presidente.
Il ministro della difesa ucraino Oleksij Reznikov, in visita a Parigi, ha ricordato che un anno fa gli Stati Uniti gli avevano negato la consegna di missili terra-aria Stinger. Undici mesi dopo, Washington sta consegnando carri armati oltre a tutto il resto. Il pensiero del pragmatico ministro ucraino sembra chiaro: i rifiuti di oggi possono diventare le concessioni del futuro.
Reznikov non tornerà in patria con gli aerei Mirage 2000, ma questo non significa che il suo viaggio a Parigi sia stato una perdita di tempo. Il ministro ha infatti ottenuto dalla Francia altri 12 cannoni Caesar, pezzi d’artiglieria a lunga gittata che sono già risultati molto utili in Ucraina, oltre a un sistema di radar Thales e all’invio di 160 addestratori francesi in Polonia. Nel frattempo abbiamo scoperto che il produttore dei Caesar, il gruppo Nexter, ha aumentato la sua capacità di produzione per soddisfare le richieste.
Testare le reazioni
Perché una simile trasparenza? Ci troviamo evidentemente in una situazione inedita. Nessuno aveva previsto questa guerra in Europa né tanto meno il fatto che le armi della Nato avrebbero rafforzato in modo così consistente l’esercito ucraino.
Il dibattito pubblico sulle armi è partito fin dal primo giorno, incentrato ogni volta su una nuova categoria di equipaggiamenti da fornire all’Ucraina e con il timore costante di aver superato una “linea rossa”. Rendere pubbliche le richieste permette all’Ucraina e ai suoi alleati di fare pressione sui governi più esitanti (lo abbiamo visto la settimana scorsa a proposito dei carri armati tedeschi) e di testare le reazioni di Mosca.
Gli aerei sollevano un problema diverso rispetto ai carri armati, perché potrebbero essere usati per attaccare il territorio russo
Ma è anche un modo per coinvolgere le opinioni pubbliche in uno sforzo bellico che costa caro e può alimentare la paura di un’escalation. Parlarne serve a sdrammatizzare, anche se l’inconveniente è quello di tenere Mosca al corrente delle future possibilità militari ucraine.
Come sarà affrontato il dibattito sugli aerei? A ogni tappa emergono due interrogativi. Il primo riguarda la possibilità che la consegna di nuovi armamenti cambi la natura del nostro impegno. La fornitura di nuove armi ci renderà “co-belligeranti”? Il secondo è relativo ai dubbi sulla capacità degli ucraini di usare i nuovi apparati.
Gli aerei sollevano un problema diverso rispetto ai carri armati, perché potrebbero essere usati per attaccare il territorio russo e dunque costituire un casus belli per Mosca.
Il 31 gennaio, in occasione della conferenza stampa congiunta, il ministro della difesa ucraino e il suo collega francese Sébastien Lecornu hanno insistito molto sulla dimensione difensiva dell’aviazione. Se la Francia finisse per consegnare i Mirage 2000 all’Ucraina, è probabile che imporrebbe regole d’ingaggio estremamente chiare.
Inoltre anche se gli Stati Uniti non fornissero gli F-16 non è detto che proibiranno agli altri paesi di farlo. Per esempio i Paesi Bassi e la Polonia, che li posseggono e sarebbero disposti a compiere il passo decisivo. I rifiuti di oggi sono le concessioni di domani. L’Ucraina l’ha capito bene.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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