Ogni settimana la Corea del Nord annuncia una novità in campo militare. Il 19 aprile il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, come sempre in compagnia della figlia Jun Ae, ha visitato un centro di produzione di satelliti, dove ha annunciato che il paese ha completato la fabbricazione del suo primo satellite spia.

La settimana scorsa l’esercito di Pyongyang aveva testato un missile balistico intercontinentale a carburante solido, anche in questo caso una novità assoluta. Gli specialisti spiegano che il carburante solido è più facile da usare rispetto a quello liquido impiegato finora, dunque permette di velocizzare i preparativi per il lancio e rendere il missile più difficile da individuare in tempo.

Dall’inizio dell’anno scorso la Corea del Nord ha effettuato più di cento lanci di missili di diverse categorie, un modo per mettere alla prova gli armamenti e migliorare le tecnologie, le strutture di comando e il coordinamento delle forze armate. Si tratta di un record, nonché di un’attività severamente vietata dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ma la Corea del Nord non se ne cura.

Passi da gigante
La strategia messa a punto dalla famiglia Kim, da tempo al potere nel paese, si basa su un programma nucleare e balistico che ha fatto passi da gigante durante il regno di Kim Jong-il, padre dell’attuale leader, ed è stato accelerato dal figlio.

La Corea del Nord ha già effettuato tre esperimenti nucleari accertati, e questo la rende una potenza nucleare di fatto. È presumibile che Pyongyang non accetterà mai di tornare indietro, dato che si è anche dotata di una vasta gamma di missili e di un esercito informatico temibile. Il satellite spia ha completato questo dispositivo militare che fagocita una parte considerevole delle risorse di un paese che non ha equivalenti al mondo.

Finora si poteva pensare che il regime volesse solo assicurare la propria sopravvivenza e ottenere la cancellazione delle sanzioni economiche

Eppure, nonostante le apparenze e una retorica guerrafondaia, la Corea del Nord non si sta preparando necessariamente alla guerra. Pyongyang segue un duplice approccio, il cui primo obiettivo è la dissuasione: l’arsenale nordcoreano rappresenta una sorta di assicurazione sulla vita nel contesto della paranoia del regime rispetto ai suoi nemici storici, gli Stati Uniti e la Corea del Sud. La seconda dimensione è più complessa. In sintesi, il regime di Kim vuole essere preso sul serio.

Ce ne siamo accorti nel 2018-2019, quando Kim Jong-un ha moltiplicato le provocazioni militari prima di tendere la mano a Donald Trump. Quella dinamica ha prodotto i bizzarri vertici tra Kim e Trump, una luna di miele che si è conclusa senza alcun risultato quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di firmare un accordo senza garanzie di una denuclearizzazione.

Dopo la rottura, Kim ha ripreso la retorica aggressiva e i preparativi militari, un lungo cammino per dimostrare la sua capacità di nuocere. Finora si poteva pensare che il regime volesse solo assicurare la propria sopravvivenza e ottenere la cancellazione delle sanzioni economiche.

È possibile che oggi, con il sostegno concreto fornito alla Russia e le tensioni sino-americane sempre più forti, la Corea del Nord abbia rivisto le proprie ambizioni al rialzo? Forse Pyongyang ritiene di fare parte di un fronte di opposizione più attivo? Se così fosse, sarebbe sicuramente una realtà inquietante.

Nell’attesa di scoprirlo, gli abitanti di questa regione dell’Asia vivono sotto costante minaccia, come quelli dell’isola giapponese di Hokkaido che la settimana scorsa hanno cercato riparo nei rifugi perché un missile sembrava dirigersi verso di loro. Alla fine il missile è precipitato nel mar del Giappone. In ogni caso, in assenza di qualsiasi prospettiva politica, la famiglia Kim continuerà ad alzare la posta sul piano militare. E non è certo una tendenza rassicurante.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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