Di tutte le dichiarazioni rilasciate il 26 giugno in Russia per spiegare, rettificare o inquadrare la folle giornata del 24 giugno, le più interessanti sono probabilmente quelle di Sergej Lavrov, il ministro degli esteri russo. Il fedele Lavrov ha dichiarato che “di sicuro” (parole sue) l’attività del gruppo Wagner in Mali e Repubblica Centrafricana proseguirà.

Questo “di sicuro” è significativo. Lavrov ha parlato come se in Russia non sia accaduto nulla che possa alterare la posizione della Wagner e come se Vladimir Putin non avesse parlato di “tradimento” a proposito del leader dell’organizzazione Evgenij Prigožin.

Dalle parole di Lavrov emerge la necessità di rassicurare gli amici della Russia all’estero (e soprattutto in Africa) sulla stabilità della presenza internazionale del Cremlino e nel caso specifico su quella dei mercenari della Wagner, diventati l’avanguardia della Russia nella sua operazione di riconquista di un ruolo di primo piano nel mondo.

Richiamo all’ordine
Le dichiarazioni del ministro degli esteri costituiscono un’acrobazia diplomatica e fanno nascere più interrogativi che risposte. Bamako e Bangui, in ogni caso, faranno bene a porsi qualche domanda.

La prima è molto semplice: cosa ne sarà della Wagner dopo gli eventi del 24 giugno? Il 26 giugno abbiamo scoperto che Prigožin, fondatore e capo del gruppo, è ancora al centro di un’inchiesta per insurrezione armata nonostante l’annuncio di un’amnistia. Prigožin è intervenuto per dire che non ha mai pensato di rovesciare Putin, ma il leader del Cremlino ha ripetuto di aver inteso diversamente.

Considerando che l’intera logistica del gruppo è garantita dall’esercito russo, c’è da chiedersi quali saranno gli sviluppi futuri

Nel discorso pronunciato la sera del 26 giugno, il presidente russo ha offerto ai mercenari della Wagner la scelta tra entrare nell’esercito regolare, trasferirsi in Bielorussia o tornare a casa. Sembra una contraddizione rispetto all’affermazione di Lavrov in merito all’attività del gruppo in Africa. La proposta di Putin riguarda anche le migliaia di soldati della Wagner sparse in più di una decina di paesi?

Le risposte a queste domande condizionano la presenza dei mercenari in Mali e in Repubblica Centrafricana. Considerando che l’intera logistica del gruppo è garantita dall’esercito russo, viene da chiedersi quali saranno gli sviluppi futuri. Oppure bisogna interpretare la dichiarazione di Lavrov come l’annuncio di una “nazionalizzazione” delle attività di Wagner in Africa da parte dello stato russo? Uno sviluppo di questo tipo, quanto meno, avrebbe il merito della chiarezza.

È difficile sottovalutare il ruolo della Wagner in Africa, soprattutto dalla prospettiva di Parigi. L’organizzazione di Prigožin, a stretto contatto con il Cremlino, ha conquistato importanti posizioni sul continente africano, in gran parte a spese della Francia.

La Wagner, lo sappiamo bene, è al contempo un’azienda dedita alla disinformazione (le sue “fabbriche di troll” a San Pietroburgo sono diventate celebri), una struttura militare i cui mercenari offrono protezione ai regimi di Bangui e Bamako e una holding commerciale che sfrutta le risorse minerarie in diversi paesi, a cominciare dall’oro in Mali e in Sudan. Prigožin potrà ancora assicurarsi questi profitti? Secondo alcune fonti questo aspetto avrebbe giocato un ruolo importante nella rivolta del 24 giugno.

Mosca dovrà far luce in fretta su questi dubbi, perché il 27 e il 28 luglio Putin presiederà a San Pietroburgo il secondo vertice Russia-Africa. Gli africani, o comunque quelli che hanno scelto di fidarsi della Russia, non si accontenteranno di quel “di sicuro” pronunciato da Lavrov.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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